
Un pasto con prodotti locali genera la metà delle emissioni di CO2 di uno con prodotti acquistati normalmente al supermercato. E’ quanto è emerso nel corso del Forum Internazionale “Territorio e Clima: prospettive e soluzioni per l’energia del futuro” che individua soluzioni concrete per contrastare gli scenari del rapporto dell’Ipcc (l’Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’Onu.
Nel corso del Forum della Coldiretti è stato dimostrato che un pasto contenente piatti “a lunga distanza” è in grado di liberare 170 chili di CO2 per portate come la carne argentina (36 chili), le suine sudafricane (26 chili), il riso tailandese (27 chili), gli asparagi spagnoli (6 chili), le pere argentine (36 chili) e il vino rosso cileno (39 chili). Un esempio di come si possa “mangiare il petrolio” da contrapporre ad un menu’ tutto fondato su prodotti locali a “chilometri zero” preparato per gli ospiti del Forum.
La distribuzione commerciale dei prodotti alimentari con i lunghi trasporti e le inefficienze di natura logistica sono – sottolinea la Coldiretti – tra le principali responsabili dell’emissione di gas ad effetto serra su scala globale. Alcuni studi citati da Gerardo Mariotto dell’Università di Sassari sono particolarmente sorprendenti: negli usa è stato dimostrato che un chilo di mele importato consuma cinque volte piu’ energia di quelle locali, in Germania hanno evidenziato che usando prodotti agricoli regionali è possibile ridurre del 70 per cento il consumo di trasporto incorporato in un vasetto di 150 grammi di yogurt alla fragola, mentre in Inghilterra è stato dimostrato che i chilometri percorsi dai prodotti alimentari sono aumentati in venti anni del 76 per cento.
Sul piano operativo Coldiretti ha avviato in Italia una serie di iniziative per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto che non inquinano e salvano il clima: dall’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita alla disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dall’offerta di prodotti regionali in mense scolastiche ed ospedaliere alla promozione delle vendita diretta degli agricoltori e dei farmers market, fino all’inaugurazione della prima osteria a “chilometri zero”.
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