Titoli conseguiti all’estero, la palla torna al Mim

Il Consiglio di Stato, con le sentenze emesse in plenaria il 28 e il 29 dicembre scorso, dovrebbe aver chiuso il complicato capitolo del contenzioso che ha caratterizzato in questi anni il riconoscimento dei titoli di abilitazione per la scuola secondaria e di specializzazione per il sostegno, conseguiti in Romania e Bulgaria.

Le pronunce del Consiglio di Stato mettono la parola fine al lungo contenzioso che aveva visto il ministero dell’Istruzione, in un primo tempo, resistere a moltissime richieste di riconoscimento di titoli conseguiti all’estero avendoli ritenuti non regolari e, successivamente, impugnare davanti al Consiglio di Stato le decisioni del Tar che, al contrario, li aveva ritenuti validi, uscendone, come si è visto, sconfitto.

Molti dei circa 14mila docenti (7mila sono campani) – secondo quanto ha stimato Il Mattino – che avevano cercato la soluzione vincente in Romania o in Bulgaria se l’erano cavata con un impegno limitato (in diversi casi soltanto una settimana di presenza full time), pur pagando molto salato il titolo conseguito, oltre alle spese di viaggio e di soggiorno; e ora il Consiglio di Stato ha chiuso il cerchio a loro favore.

Se il contenzioso si può ritenere concluso (a sfavore del Ministero), quei circa 14mila docenti salvati dalle sentenze dei magistrati di Palazzo Spada non possono ancora sentirsi del tutto soddisfatti, in quanto le singole posizioni dovranno essere vagliate una ad una dal ministero dell’istruzione, in quanto «spetta al Ministero competente – precisa il Consiglio di Stato – verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».

Cosa farà ora il Ministero dell’istruzione e del merito? Quattordicimila posizioni non si esaminano certamente in poco tempo e potrebbero essere necessari mesi (o forse anni) per affrontarle tutte. Se, come sarà prevedibile, il Ministero tarderà a chiudere tutte quelle pratiche, diffide e ricorsi potrebbero ricominciare.

In molti casi, comunque, per arrivare al riconoscimento finale vero e proprio, potrebbe essere necessario, come prevede la sentenza, attivare anche misure compensative: un tirocinio di 300 ore (che richiederebbe un ulteriore tempo per essere concluso) oppure una prova scritta (soluzione sbrigativa forse più gradita).

Alla fine di questa ulteriore fase conclusiva, i docenti con titolo conseguito in Bulgaria e Romania potranno finalmente diventare insegnanti a tutti gli effetti e occupare un posto o una cattedra, a fianco o precedendo tanti colleghi che in Italia hanno sudato le sette proverbiali camicie per guadagnarsi il diploma di specializzazione per il sostegno attraverso i corsi d TFA o una abilitazione.

Purtroppo, le sentenze si occupano del rispetto delle norme e delle procedure, ma non dei contenuti degli atti a cui si riferiscono, anche se di qualità scadente. 

Si può dire che per i titoli conseguiti all’estero la forma prevale sulla sostanza. Ma se la qualità formativa di quei titoli si rivelasse scadente, potrebbe essere scadente anche l’insegnamento di chi li possiede.

Comunque, la forma è salva, la sostanza no. La nuova stagione del merito comincia in salita.

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