Studenti e Flc Cgil contro l’alternanza. Cosa temono?

L’alternanza scuola-lavoro è stata uno dei bersagli preferiti delle manifestazioni studentesche che si sono svolte il 9 ottobre in decine di città con lo slogan non certo minimalista “vogliamo il potere”, ma è anche uno dei punti della legge 107/2015 più criticati dai sindacati, soprattutto dalla Flc Cgil, che ha costantemente mantenuto aperto il dialogo con le organizzazioni studentesche più impegnate nella battaglia contro la ‘Buona Scuola’, dall’Unione degli Studenti a Link, che organizza gli studenti universitari.

Quali sono i motivi della protesta (che peraltro non ha avuto questa volta il riscontro di massa sperato dagli organizzatori)? Si ha l’impressione che siano diversi, e in qualche misura contrastanti. Mentre al Nord si è denunciato il rischio di una subordinazione della scuola agli interessi anche economici delle imprese che accolgono gli studenti in alternanza (“no al lavoro gratuito” è stato uno degli slogan preferiti), al Sud è prevalsa la preoccupazione di non poter effettuare significative  esperienze di alternanza a causa della fragilità del tessuto economico e imprenditoriale.  

Dove potranno andare gli studenti, per esempio degli istituti tecnici occupati per 400 ore nel triennio? In un supermercato, in un oleificio?, chiede polemicamente una docente del collettivo calabrese ‘Partigiani della scuola’, uno dei comitati più impegnati nella lotta contro la Buona Scuola. Oppure faranno le loro esperienze in microimprese, dove – si teme – il rischio di uno sfruttamento del lavoro giovanile potrebbe essere più elevato.

Un altro aspetto criticato è quello legato alle erogazioni liberali: lo School Bonus permette ai privati che effettuano donazioni (e che presumibilmente saranno anche i più disponibili a ospitare studenti in alternanza) di detrarne il 65% dalle tasse. Ma se al Nord questa prospettiva è concreta, al Sud lo è molto di meno, col rischio che la sperequazione tra territori aumenti.

E allora, sembrano concludere gli avversari dell’alternanza e dei Bonus, meglio non farne niente. È come se in una corsa si chiedesse di fermare tutti ai blocchi di partenza per impedire a qualcuno di correre più veloce. Questo ha un senso? Semmai bisogna ricorrere a strumenti compensativi, che infatti la legge prevede.

Ciò che sembra sfuggire ai ragazzi che protestano è che – se non cambiano le cose – un quarto di loro finirà ad ingrossare le fila dei Neet (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=35313 ), giovani che quasi sempre lasciano gli studi e non trovano lavoro. Le esperienze di alternanza scuola-lavoro possono orientarli meglio nelle scelte di studio e di lavoro e così aiutarli a trovare la loro strada. Se non fosse – come per fortuna è – gratuito, dovrebbero pagare loro per farlo. Altro che essere pagati…