Standard formativi minimi: un impianto filiforme

Gli standard formativi minimi approvati dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 15 gennaio 2004 dovrebbero costituire il punto di riferimento unitario per la progettazione dei percorsi triennali sperimentali finalizzati al conseguimento di una qualifica professionale riconosciuta e spendibile a livello nazionale. Ma intanto i corsi sono già partiti in tutte le Regioni, e in alcune di queste sono già al secondo anno. In che rapporto si pongono con i nuovi standard?
Per la verità gli standard apprestati sono proprio minimi, nel senso di esili, quasi impalpabili, e anche un po’ camaleontici, perché ciascuna Regione potrà contestualizzare le competenze richieste, e sarà responsabile della loro valutazione e certificazione, e anche di quella dei crediti in ingresso, durante e in uscita dai percorsi.
Gli standard varati dalla Conferenza, peraltro, riguardano le sole competenze di base, suddivise in 4 aree: dei linguaggi, scientifica, tecnologica e storico-socio-economica. Ma solo per l’area tecnologica, e in parte per quella scientifica, si può parlare di standard veri e propri, anche perché compaiono riferimenti europei consolidati, come l’ECDL (European Computer Driving License). Per il resto, i riferimenti sono talmente generali da adattarsi ad una gamma amplissima di possibili interpretazioni. E poi mancano gli standard relativi alle competenze tecnico-professionali, che per percorsi che si concludono con l’attribuzione di una qualifica professionale sono evidentemente della massima importanza.
Il rischio della (dis)articolazione regionale dei percorsi è stato peraltro avvertito dagli stessi estensori dell’accordo sugli standard, che si sono preoccupati di evidenziare il loro carattere sperimentale e provvisorio, “nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo 2003 n. 53“. Decreti che istituiranno il “sistema di istruzione e formazione professionale” nel quale anche i percorsi triennali dovranno rientrare, e che dovranno risolvere, ma su scala infinitamente più grande, gli stessi problemi di rapporto tra dimensione nazionale degli standard e tendenze centrifughe delle Regioni.