Sperimentazione/3: chiamiamola “ricerca-azione”

“Sperimentazione” è “out”, “ricerca-azione” è il termine giusto per definire l’iniziativa sulla scuola dell’infanzia ed elementare lanciata in piena estate dal ministro Moratti. Lo ha spiegato il dirigente generale regionale del Lazio Francesco De Sanctis in un incontro con i dirigenti delle scuole laziali disposte a sperimentare.
Per i non addetti ai lavori, precisiamo che “ricerca-azione” è un termine piuttosto utilizzato in questi ultimi anni nel gergo pedagogico per intendere progetti di ricerca-laboratorio a libera conduzione con obiettivi definiti, in cui coesistono gli aspetti di studio con quelli di realizzazione pratica.
De Sanctis, reduce dall’incontro preparatorio che il capo dipartimento del MIUR Pasquale Capo ha organizzato con tutti i direttori regionali, ha precisato perché è meglio parlare di ricerca-azione: non viene offerto un servizio alle famiglie ma piuttosto si mette in atto, come fatto tutto interno alla scuola, un’iniziativa metodologica e di ricerca sulle linee di studio della nuova scuola.
La bozza di decreto che parlava di sperimentazione? Si tratta solamente di una bozza, niente di più.
Sembra di capire che questa è la nuova linea del ministero dell’Istruzione. Non a caso anche il ministro Moratti, intervenuta al seminario di Forza Italia a Gubbio, ha usato ripetutamente i termini “test” ed “esperienza laboratorio”.
Quella che può sembrare a prima vista una marcia indietro, si può spiegare forse come intenzione di smorzare i termini di una polemica che tende a crescere con l’avvicinarsi del momento della pronuncia da parte del CNPI. Una linea di basso profilo per ridimensionare, oltre l’aspetto quantitativo, anche l’effetto dirompente dell’innovazione proposta.
Una prudenza motivata quindi da comprensibili ragioni politiche che, tuttavia, al di là delle modifiche nominalistiche non cambia sostanzialmente il progetto della “sperimentazione” 2002.
Chissà che ora il Ministero non invii una terza lettera al Cnpi, dopo la prima del 26 luglio e la successiva che rettificava l’errato riferimento all’ordine del giorno parlamentare scoperto da Tuttoscuola, per cambiare titolo alla proposta e magari guadagnarsi un parere più favorevole.