Spagna: la scuola di Zapatero scontenta la sinistra… e la destra

Zapatero, non cercare di ingannarci, la tua legge è uguale a quella di Aznar“. Migliaia di studenti hanno invaso le strade delle più importanti città spagnole lo scorso 8 novembre raccogliendo l’appello del “Sindacato degli studenti” a protestare contro le modifiche apportate da Zapatero al pacchetto di riforme scolastiche varate dal governo Aznar alla vigilia delle elezioni dello scorso anno, poi conclusesi con la sconfitta del governo in carica.

Il principale motivo della protesta, sostenuta da uno sciopero studentesco assai esteso, era costituito dalle troppe concessioni che Zapatero avrebbe fatto alle scuole private convenzionate, in larga misura gestite da istituzioni ecclesiastiche. Zapatero si è difeso sostenendo di non aver aumentato i finanziamenti a queste scuole rispetto a quanto previsto dal governo Aznar, e di aver agito nel rispetto della Costituzione, che li prevede. Ma gli studenti, o almeno quelli che sono scesi in piazza, reclamavano che tutte le risorse fossero assegnate prioritariamente alla scuola pubblica, che in Spagna non comprende quella convenzionata, e che la percentuale della spesa pubblica per l’istruzione salisse “fino al 7% del PIL“, in modo da consentire l’accesso generalizzato all’università, senza numero chiuso e senza esami alla fine della scuola secondaria, esami ripristinati da Aznar e congelati da Zapatero.

A distanza di pochi giorni, però, il 12 novembre, una imponente contromanifestazione è stata promossa a Madrid, con il sostegno del partito popolare e di molti vescovi, per motivi opposti, cioè per sollecitare migliori condizioni di funzionamento per le scuole convenzionate, che in Spagna danno occupazione a più di 180.000 insegnanti e costituiscono circa il 30% del sistema scolastico nazionale. E anche per chiedere il reinserimento nei curricoli dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica, ridotta da Zapatero a materia facoltativa.