
Smartphone in classe: l’antidecalogo di Calvani

L’Associazione SApIE (Società per l’Apprendimento e l’Istruzione informati da Evidenza – www.sapie.it), presieduta da Antonio Calvani, docente di Didattica e Tecnologia dell’istruzione all’Università di Firenze, uno dei più noti studiosi dell’impatto delle nuove tecnologie sui processi formativi, è il primo firmatario di una sorta di antidecalogo che si contrappone frontalmente, punto per punto, al Decalogo del Miur.
Si tratta di un vero e proprio caveat. Ecco i dieci anti-punti.
- Non è scontato che l’innovazione sia di per sé positiva: occorre valutare le conseguenze.
- Non ci sono evidenze scientifiche di un significativo miglioramento negli apprendimenti scolastici dovuto a inserimenti massicci di tecnologie al di fuori di obiettivi circoscritti e ben finalizzati. Sono le metodologie didattiche, e non le tecnologie, a fare la differenza.
- I bambini nella prima età formativa non hanno ancora strutture cognitive adeguatamente sviluppate. Le tecnologie, alleggerendo il carico cognitivo, disattivano processi cognitivi e riflessivi anche importanti.
- I casi in cui le tecnologie sono utili sono particolari (servono, per esempio, a supportare la didattica rivolta a soggetti con disabilità), e richiedono una specifica competenza da parte del docente.
- Neurologi e psicologi rilevano fenomeni come la riduzione dell’attenzione, della concentrazione, della capacità comunicativa attraverso lo sguardo, associabili alla eccessiva esposizione dei bambini ai nuovi media.
- Il BYOD (Bring Your Own Device: il permesso dato agli alunni di portare in classe il proprio smartphone o tablet), incoraggiato dal Miur, rischia di distrarre gli alunni e di provocare nuove forme di discriminazione sociale legata alla diversa qualità tecnica dei dispositivi posseduti.
- Non è giusto scaricare sugli insegnanti la responsabilità dei fallimenti. Servono esempi e dimostrazioni convincenti su come e quando i devices si possono utilizzare ed evidenze affidabili sui risultati.
- I fautori delle nuove tecnologie ne associano l’impiego alla crescita di senso critico, creatività, cittadinanza, ma le esperienze finora prodotte sono “di una banalità sconcertante”.
- Le neuroscienze segnalano l’importanza di una educazione alla scrittura manuale, e alla lettura nei formati tradizionali.
- I decisori politici dovrebbero acquisire le risultanze della ricerca evidence-based prima di pronunciarsi.
È auspicabile che il dibattito su tematiche così importanti si sviluppi nel modo più ampio e documentato. Tuttoscuola lo segue da anni con attenzione, e ne darà puntualmente conto ai lettori.
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