Sistema scolastico italiano, suor Anna Monia Alfieri: ‘Il Covid ne ha evidenziato i limiti: classista e discriminatorio’. Il podcast di Tuttoscuola

Quali effetti ha avuto la pandemia sul sistema scolastico ed educativo? Quali sono i principi dell’istruzione lombarda? Quali criticità e quali prospettive per affrontare le sfide future? Pluralismo educativo, dispersione scolastica, Dote Scuola e innovazione: quattro personalità del mondo dell’istruzione approfondiscono all’interno di quattro puntate del podcast di Tuttoscuola e Open Scuola i fenomeni del cambiamento i nuovi orizzonti dell’educazione lombarda.

In questa puntata Anna Monia Alfieri, religiosa e consulente del Ministro dell’Istruzione, analizza lo stato di salute del sistema scolastico in Lombardia, con particolare attenzione alla situazione delle scuole paritarie.

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“Il Covid ha stressato i limiti del sistema scolastico italiano che, chiaramente, si è dimostrato classista, regionalista e discriminatorio – dice suor Anna Monia Alfieri -. Già dal 2015 si evidenziava come il sistema lombardo, grazie a politiche che investivano sul pluralismo educativo attraverso il buono scuola, la dote scuola, tendeva a ridurre il fenomeno di un sistema scolastico iniquo favorendo  un sistema scolastico pluralista di scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie. Difatti, quando ci fu la crisi importante della scuola secondaria di secondo grado, all’epoca assessore alla Regione Lombardia era l’attuale onorevole Aprea, attraverso una concertazione fra il mondo associativo e il mondo delle scuole e delle famiglie e l’assessorato si  riuscì a destinare la dote scuola sulla secondaria di secondo grado salvaguardandola, tanto che oggi è al 33%. E’ evidente che la regione Lombardia  è un modello da seguire perché attraverso la Dote Scuola, che arriva fino a duemila euro per le fasce più deboli, favorisce la libertà di scelta educativa dei genitori, soprattutto delle classi più svantaggiate. Non è completa, fa quello che riesce con i suoi fondi, e per questo l’anno scorso abbiamo lanciato l’idea della compartecipazione: attraverso i contributi statali, sommati ai contributi delle singole regioni, si cercava di ridurre sempre di più la forbice della discriminazione. Ad esempio, una cosa che si è riusciti a fare,  è al capitolo di stabilità: avendo il Ministero previsto 113,4 milioni di euro, all’incirca tra i 5 e gli i 8mila euro per ogni alunno disabile, secondo le percentuali di calcolo, la regione Lombardia con una dote disabilità di 3mila euro ha aiutato gli alunni portatori di disabilità nello scegliere la scuola paritaria”.

“Garantire la libertà di scelta educativa non è una questione radical chic – ha detto ancora la religiosa -, è una questione di profonda equità perché  permette di aiutare le classi più povere e più svantaggiate a scegliere tra una scuola statale e una scuola paritaria. Il pluralismo educativo consente di avere una scuola statale ed una scuola paritaria che in una sana competizione migliorano la qualità e difatti i dati Ocse Pisa ci stanno dando ragione perché arrivano in testa la Lombardia e Il Veneto che da sempre sono avanti nel pluralismo. Purtroppo agli ultimi posti Ocse Pisa arrivano la Campania, la Calabria e la Sicilia. Il  Covid ha  spaccato in due il Paese acuendo il problema di un sistema scolastico iniquo che divide il nord dal sud, che divide le classi sociali ed è evidente che così la scuola rischia di non essere più un ascensore sociale. Ecco perché chiediamo un sistema scolastico più equo e di qualità. In Lombardia la concertazione ha portato un pluralismo educativo che si colloca per la scuola dell’infanzia al 50% contro una media italiana del 16% – soprattutto nel sud dove è chiaro che se non ci sono le scuole dell’infanzia non ci sono le pari opportunità. Per la scuola primaria la Regione Lombardia conta un pluralismo educativo del 10 % contro il 5% del sud, nella secondaria siamo al 33% logica conseguenza della politica educativa lombarda mentre al sud tocchiamo punte del 5%.  Se vogliamo tenere unito il Paese e far sì che la scuola ritorni ad essere una scuola di qualità e quindi un ascensore sociale bisogna rapidamente investire sul pluralismo educativo, soprattutto per le classi sociali più deboli”.

“Quando  la Regione Lombardia introdusse l’ISEE, era un concetto controverso perché si pensava al buono scuola come scelta a prescindere dal reddito, oggi è chiaro che è stata fatta una scelta di campo per le classi sociali più svantaggiate. Noi lo diciamo da anni che il modello Lombardia è assolutamente da replicare in tutto il Paese. Basti pensare che con un ISEE di 8000 euro le famiglie di Milano hanno può scegliere un liceo paritari: perché di fronte ad un costo standard di sostenibilità per allievo di 5500 euro, Regione Lombardia è intervenuta con mille euro, la Cei con duemila, i contributi statali si collocavano a mille euro. E’ chiaro che le mille euro possono essere un contributo della famiglia o della scuola e che agisce con delle agevolazioni. Una simile logica nel sud cade perché in Puglia vengono stanziati €0 di Dote Scuola. Abbiamo fatto uno studio dove si dimostra che la Regione Veneto con il voucher procede con una certa somma, 500 euro in Liguria, in Piemonte sono stati fatti passi avanti ma nel resto d’Italia Buono Scuola e Voucher sono un qualcosa di sconosciuto. E’ necessario che le Regioni intervengano in compartecipazione con lo Stato: è impossibile che lo Stato intervenga con  dei contributi  senza la compartecipazione delle Regioni che hanno un ruolo fondamentale. Quel che manca ancora oggi alle famiglie italiane è la libertà educativa – ha concluso suor Anna – vale a dire la possibilità di scegliere gratuitamente una scuola pubblica statale o pubblica paritaria a costo zero. Come avviene nella sanità: un paziente pagando il ticket può scegliere di curarsi nella sanità pubblica a gestione statale o nella sanità pubblica a gestione privata accreditata”.

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