‘Siamo scuole di serie Z’, gli istituti professionali protestano

Gli istituti professionali sono considerati “scuole di serie Z”. Gli effetti delle politiche degli ultimi governi hanno portato al crollo delle iscrizioni e a un generale peggioramento delle condizioni in cui lavorano i docenti e studiano i giovani. La denuncia è arrivata dal Consorzio degli Istituti professionali, una rete di circa quarantina di istituti professionali di diverse regioni italiane, riuniti a Cervia per l’annuale convegno nazionale. Al termine dei lavori, il presidente, Agnese Borelli, ha inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, per chiedere un incontro urgente.

L’istruzione professionale – ha spiegato Borelli – può rappresentare uno strumento per favorire la ripresa economica e difendere il ‘made in Italy’ attraverso i vari settori di riferimento, pertanto va potenziata e valorizzata, soprattutto non trascurata né schiacciata“. Gli effetti sono ben visibili nelle scuole che ospitato in media dai 500 ai mille studenti, con classi di 20 o anche 30 persone, molte delle quali con disagi di varia natura. “Le politiche – ha detto il presidente del Consorzio – hanno portato a non valorizzare il nostro lavoro, siamo scuole di ‘serie Z’, non considerate decorose nemmeno dai nostri governanti“.

I vari interventi di riordino degli ultimi anni, secondo i docenti degli istituti professionali, hanno provocato soltanto un crollo delle iscrizioni e una graduale “cancellazione dei nostri istituti che un tempo erano considerati centrali nelle città di appartenenza“.

Nelle classi di alcuni istituti, come ha riferito qualche docente e qualche dirigente presente al convegno di formazione a Cervia, su trentuno studenti ce ne sono in media due portatori di handicap e 4 stranieri. “Noi raccogliamo tutto il disagio che c’è sul territorio – ha riferito il presidente -, tra ragazzi demotivati, bocciati in altre scuole, stranieri, portatori di handicap. A volte dobbiamo registrare al termine di un percorso formativo anche degli insuccessi, ma riusciamo tante volte a tirare fuori qualcosa di buono“.

Noi non vogliamo preservare una scuola di vecchio tipo – ha precisato Borelli – vogliamo anzi che i nostri istituti siano considerati allo stesso modo in cui vengono trattati negli altri paesi europei“.