
Sezioni dell’infanzia a orario ridotto senza mensa: Palermo ne ha 827, sette ogni dieci

La legge 444/1968, istitutiva delle scuole statali dell’infanzia (allora denominate materne), prevedeva a carico dei Comuni la predisposizione dei servizi di mensa (locali appositi, erogazione dei pasti, personale di servizio, cuochi e bidelli). A causa del notevole onere derivante dalla attuazione del servizio, venne prevista una temporanea deroga per consentire ai Comuni di predisporre “quanto prima” gli interventi necessari.
Diversi Comuni, soprattutto del Sud, si sono avvalsi di quella deroga e tuttora, a distanza di oltre mezzo secolo, non hanno mai attivato il servizio di mensa, anche se favoriti, alla fine degli anni ’90, dalla statalizzazione del personale di servizio.
Conseguentemente, senza mensa, in quei territori le scuole funzionano soltanto nella fascia antimeridiana e ogni sezione è affidata a un solo insegnante. Si tratta di un servizio dimezzato che assomiglia quasi a un badantato caratterizzato prevalentemente da assistenza.
È pur vero che ai genitori è consentito scegliere tra servizio completo o solo orario del mattino (spesso se ne avvalgono gli stranieri per evitare il costo del servizio di mensa), ma quale scelta è possibile se tutte le sezioni di una scuola (come ha verificato Tuttoscuola) sono organizzate nel solo orario del mattino, come succede in molte scuole del Sud?
Tuttoscuola ha verificato la situazione delle 41.382 sezioni di scuola statale dell’infanzia: 36.834 (89%) funzionano con orario completo, comprensivo del servizio di mensa.
In tre regioni le sezioni a orario completo sono ampiamente sotto la media dell’89%: Sicilia al 60,3%, Puglia all’80,2% e Lazio al 70,7%.
La Sicilia ha province con situazioni virtuose, ma ha anche quattro province in situazioni critiche: Palermo ha soltanto 327 sezioni a orario completo, pari al 28,3% delle 1.154 funzionanti, (827, il 71,7%, funzionano quindi a orario ridotto senza mensa); Catania ha il 35,8% delle sezioni a orario normale e il restante 64,2% a orario ridotto; Trapani 63,6% di sezioni a orario normale (36,4% a orario ridotto); Messina 78,7% delle sezioni a pieno orario e 21,3% a orario ridotto.
Anche la Puglia ha province virtuose (Lecce e Brindisi), ma ha anche province con orari di funzionamento delle sezioni notevolmente ridotto. Taranto ha il 51,8% di sezioni funzionanti a orario completo con mensa e il restante 48,2% a orario ridotto; Foggia 69,5% contro il 30,5% a orario ridotto; Bari con l’82,5% a fronte del 17,5% di sezioni a orario ridotto e senza mensa.
Campobasso ha l’80,8% di sezioni funzionanti a pieno orario.
Merita un discorso a parte Roma con il 67,9% di sezioni a orario normale, in quanto il restante 32,1% deriva in buona parte da un particolare progetto per favorire le iscrizioni di bambini delle periferie della Capitale e dal ricorso alle tate nei quartieri bene di Roma.
Il PNRR, se davvero vuole favorire l’occupazione femminile al Sud, dovrà prevedere finanziamenti mirati per quei Comuni dove il servizio è ridotto; occorrerà intervenire per potenziare strutture (spazi o ampliamenti) e sostenere gli oneri per l’erogazione dei servizi di mensa.
Altrimenti tutto resterà relegato agli archivi degli annunci e delle buone intenzioni senza apportare aiuti all’occupazione femminile di quei territori, perché troppe madri continueranno a starsene a casa per accudire i figli che i servizi educativi locali non assistono per il tempo sperato.
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