Secondo ciclo, l’atteggiamento delle Regioni

Il ministro Moratti ha ripetuto più volte che il decreto sul secondo ciclo nascerà da un ampio dibattito. C’è da augurarselo. E che sia anche un dibattito non appiattito sulla difesa dell’esistente, come sembrerebbero patrocinare la burocrazia ministeriale e i sindacati. Per questi, estremizzando, tutto deve restare allo Stato (Licei), le Regioni non esistono, e se esistono bisogna neutralizzare le loro pretese. In questa impostazione, il Titolo V della Costituzione non sembra cogente, e se lo fosse occorrerebbe trovare i modi per non attuarlo.
Le Regioni però non paiono della stessa opinione. Proprio in nome del Titolo V, hanno chiesto con vigore al ministro di cogestire il lungo processo di trasferimento di tutta l’organizzazione dell’istruzione, e di non pensare all’istruzione e formazione professionale solo come al contenitore dell’attuale istruzione professionale statale. Rivendicano infatti il diritto e il dovere di irrobustire il sistema dell’istruzione e formazione professionale con la presenza di tutti i percorsi formativi a carattere professionalizzante, siano essi, oggi, dell’attuale istruzione professionale o dell’attuale istruzione tecnica. Le Regioni sembrano insomma voler guardare all’Unione europea: costruire un forte sistema dell’istruzione e formazione professionale dai 14 ai 23 anni.
Sarà interessante vedere come verrà giocata la partita, e soprattutto come finirà.