Se il sindacato sposa la meritocrazia…

La ricetta per rilanciare la qualità del nostro sistema formativo, dalla scuola all’università alla ricerca, è semplice, e si riassume in una sola parola: meritocrazia.
Chi lo dice? Sorpresa. Questa volta l’appello ad introdurre a tutti i livelli principi e regole volti a premiare il merito individuale è di un importante sindacalista, il segretario regionale della UIL della Lombardia Walter Galbusera, in un articolo pubblicato venerdì scorso sul quotidiano “il Riformista“.
Dopo una puntigliosa analisi della situazione, che non manca di evidenziare che i docenti italiani rispetto a quelli dell’area OCSE “sono pagati meno della media e in modo uniforme, ma in compenso sono in numero tale da portare l’Italia ai primi posti nella spesa per studente“, il sindacalista riassume la sua proposta riprendendo le parole del governatore della Banca d’Italia Draghi: “Prima di nuove spese, nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori“. Dovrebbe essere la scuola pubblica a muoversi per prima in questa direzione, e a premiare gli allievi (soprattutto se provenienti da famiglie povere) e i docenti meritevoli, dice Galbusera, senza farsi scavalcare su questo terreno da quella privata.
E nella stessa direzione va una dichiarazione di Paolo Pirani, segretario confederale della Uil, che rivendica “una politica per la pubblica amministrazione che faccia di efficienza e valorizzazione del merito il suo asse portante. E’ questo il punto su cui vogliamo confrontarci“.
Ma come si conciliano queste posizioni con la linea sostenuta con forza dai sindacati confederali (e anche autonomi, in questo caso), favorevole all’assunzione in blocco del maggior numero di precari possibile, e contraria di fatto all’articolazione di figure e di retribuzione, soprattutto se legata a regole meritocratiche? Non si concilia, riconosce lo stesso Galbusera, “perché l’egualitarismo salariale ha ancora solide radici nella scuola italiana“. Per batterlo il sindacalista fa appello alle forze politiche riformiste, “sulla carta in maggioranza in Parlamento“.