Se a valutare il docente è un Cd-rom

Accade in Gran Bretagna. Si chiama “Pupil Achievement Tracker” (PAT), ed è un programma computerizzato che a settembre, alla riapertura delle scuole, sarà inviato su CD-Rom ai capi di istituto inglesi. Servirà per valutare l’efficacia del lavoro degli insegnanti delle varie aree disciplinari, misurata attraverso la comparazione dei risultati ottenuti dagli allievi.

Lo ha annunciato nei giorni scorsi il ministro dell’istruzione Charles Clarke, e la notizia non ha mancato di suscitare la forte opposizione dei sindacati, che temono che il nuovo marchingegno elettronico (letteralmente: “marcatore del rendimento degli allievi“) possa essere utilizzato anche per differenziare lo stipendio degli insegnanti, in funzione dei risultati conseguiti dai loro allievi.

Ma il governo non ha nessuna intenzione di fare marcia indietro. Anzi, animato da una rinnovata fiducia verso i test, e a dispetto delle obiezioni avanzate in varie sedi, sia scientifiche che politiche, il ministro Clarke (che a differenza del suo predecessore Estelle Morris non viene dal mondo della scuola) mostra di volerli utilizzare come veri e propri strumenti di innovazione strategica e sociale, al di là della sola dimensione pedagogica.
I test servono per incentivare l’innovazione curricolare, possono essere presentati alle famiglie come elementi orientativi e prove di trasparenza, servono al governo per regolare e giustificare le spese in ricerca e sviluppo. E servono ai capi di istituto, dice Clarke, per effettuare interventi sul personale docente nelle situazioni caratterizzate da scarso rendimento degli allievi. Sempre che sia dimostrabile – questo è il punto, secondo i sindacati – una relazione diretta tra la capacità dell’insegnante e il livello di prestazione dell’allievo.

Nel numero di giugno di Tuttoscuola un articolo dal titolo “Merit pay? No grazie”, descrive le esperienze finora tentate in vari paesi, e quasi tutte fallite, di legare i compensi dei docenti alle prestazioni degli allievi.