Scuola e politica/1. Il fronte del no si compatta a livello politico…

La politica scolastica è stata spesso un terreno di anticipazione e sperimentazione di operazioni politiche di più ampia portata, tanto che nei primi anni settanta dello scorso secolo un’importante conferenza nazionale promossa dall’ufficio scuola del Partito Socialista Italiano, allora guidato da un esponente della sinistra del partito, Tristano Codignola, si intitolò “Scuola è politica”.

E quello della politica scolastica è stato, nella scorsa breve XV legislatura, insieme alla politica estera, il terreno sul quale si sono verificati i più aspri confronti all’interno del governo Prodi (sulla abrogazione della riforma Moratti, sull’assolvimento dell’obbligo di istruzione, sul precariato), una dialettica che è sfociata alla fine nella convergenza politica ed elettorale delle diverse formazioni che costituivano la cosiddetta sinistra “radicale” (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Sinistra dei DS).

In qualche misura è ancora la politica scolastica che sembra oggi favorire l’aggregazione di forze politiche e sociali assai critiche nei confronti sia dell’attuale maggioranza, sia della maggior forza di opposizione, il Partito Democratico, accusato di non battersi con sufficiente determinazione contro il governo e contro le iniziative del ministro Gelmini. E’ probabile peraltro che a fungere da collante politico tra le forze che si collocano a sinistra del PD siano le elezioni europee, e l’accordo, per questo appuntamento elettorale, tra i due maggiori partiti, il PDL e il PD, per fissare la soglia di sbarramento al 4%: obiettivo mancato, in occasione delle elezioni politiche del 2008, dalla lista “Arcobaleno”.