Scuola a 5 anni? Si può se cambia la didattica e si investe sui servizi della primissima infanzia
Si riapre il dibattito sull’anticipo dell’obbligo scolastico a 5 anni, nonostante la precisazione del Miur che ha parlato di non praticabilità dell’ipotesi.
“Non ci sono controindicazioni ‘mediche’ ad anticipare la scuola ai 5 anni. Ma solo se la proposta didattica è adeguata, con un iter formativo pensato sin dal nido e una possibilità reale di poter trovare posto: oggi nel nostro Paese solo 2 bimbi su 10 da 0 a 3 anni possono frequentare una struttura.” Lo ha sottolineato Laura Reali, pediatra di famiglia di Roma intervenendo nel dibattito sulla proposta di anticipare l’ingresso alle elementari, al vaglio del ministero dell’Istruzione.
L’età d’ingresso a scuola, spiega la pediatra, non è un’asticella fissa “dipende da come si organizza l’offerta didattica. Non è la scelta ministeriale specifica, calata dall’alto, che modifica i risultati, ma il programma educativo che deve avere precise tappe legate tra loro. Non è pensabile proporre la prima elementare a 5 anni se l’asilo nido ha orientamenti variegati, slegati dalla scuola dell’infanzia. E, soprattutto, se trovare un posto in queste strutture è un terno al lotto. Così come stanno le cose oggi i bambini arriverebbero a scuola prima, ma sempre con i percorsi attuali che non hanno collegamento tra loro e sono tra i più diversi: normali scuole dell’infanzia per chi ha trovato posto, nonne, soluzioni d’emergenza con asili di condominio”, aggiunge Reali.
Non si tratta di “maturità dei bambini, ma di organizzazione dell’educazione che, come accade nel resto d’Europa, va pianificato globalmente e sin dall’inizio del percorso”, conclude la pediatra.
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