Sciopero scuola 25 novembre: valgono ancora le vecchie regole

Per la prossima settimana, il 25 novembre, è indetto uno sciopero scuola proclamato dal sindacato USB PI-Scuola riguardante il personale “docente, ata, educativo e dirigente a tempo determinato e indeterminato delle scuole in Italia e all’estero”. Si tratta  del terzo sciopero di questo anno scolastico, dopo quelli del 3 ottobre indetto da CSLE e del 23 ottobre proclamato dai sindacati di base che, secondo i dati ufficiali della Funzione Pubblica, hanno avuto in entrambi i casi lo 0,66% di adesione su circa 950mila unità di personale scolastico in servizio in quei giorni, pari cioè a poco meno di 6.300 lavoratori in sciopero.

Ma certamente in quei giorni, anche se non quantificato da nessun monitoraggio ufficiale, il personale scolastico che non ha lavorato è stato di gran lunga superiore a quei 6.300 lavoratori in sciopero.

Tutto questo perché, secondo le attuali norme sugli scioperi, i capi d’istituto, non conoscendo l’intenzione dei docenti e degli Ata circa la personale intenzione di aderire allo sciopero (i sindacati considerano il non obbligo di dichiarare preventivamente l’adesione come un diritto alla pari di quello di adesione vera e propria allo sciopero), comunicano alle famiglie la non certezza di svolgimento regolare delle lezioni. Conseguentemente, soprattutto taluni genitori degli alunni più piccoli, in via prudenziale trattengono i figli a casa (non senza difficoltà per la loro assistenza), mentre a scuola gli insegnanti non scioperanti restano senza alunni.

Da mesi presso l’Aran si sta cercando di definire nuove regole di comportamento in caso di sciopero nella scuola, ma ad oggi sembra ancora in alto mare un’intesa con i sindacati della scuola.

Per lo sciopero scuole del 25 novembre avranno ancora valore le vecchie regole di cui forse potrà giovarsi il sindacato USB che lo ha proclamato, anche se ufficialmente, in base alle ultime elezioni per le RSU (2.679 iscritti e 7.833 voti), ha un tasso di rappresentatività dello 0,63%.