Schiaffi e insulti razzisti, maestra ai domiciliari

“Una donna molto agitata sbraita in modo scomposto afferrando, strattonando e schiaffeggiando gli alunni. Del tutto esplicite sono le enunciazioni di tipo discriminatorio e razziale, che la maestra urla senza alcun ritegno in classe”. Sono parole molto dure quelle usate dal Gip del Tribunale di Bologna che, secondo quanto riporta Ansa.it, dopo le indagin ha deciso di mandare agli arresti domiciliari una maestra di scuola di infanzia di Imola, 55 anni, accusata di lesioni personali aggravate e di maltrattamenti su minori, aggravati dall’odio razziale.

Ancora un episodio di violenza avvenuta tra le mura scolastiche. Ancora bambini le vittime. Per tre anni la donna avrebbe maltrattato diversi bambini, dai 3 ai 5 anni, con violenze fisiche e verbali, umiliazioni e insulti. Vessazioni che, nel caso dei bimbi di origine straniera, avevano riferimenti discriminatori. “Io da sola non faccio più niente […] quei pochi italiani vengono poco perché c’ho della gentaglia”, diceva l’insegnante senza sapere di essere ripresa. “Perché lei non sta ferma […] lei butta giù tutto. Anche quando mangia, fa il ballo dell’Africa, dell’Africa nera! Il ballo del qua qua!”.

La Procura si è mossa dopo che lo scorso luglio alcuni genitori hanno denunciato gli episodi al commissariato imolese. I fatti documentati dalle telecamere piazzate nelle aule dagli agenti riguardano l’anno scolastico in corso, ma i maltrattamenti cominciano, secondo gli investigatori, fin dal 2015.

Dagli accertamenti svolti all’Ufficio scolastico regionale è infatti emerso che già nel 2016 un gruppo di genitori, alcuni dei quali hanno firmato l’esposto di luglio, aveva segnalato il comportamento violento della maestra. Alla segnalazione, però, non c’era stato seguito perché le autorità scolastiche “avevano ritenuto ‘la non sussistenza di elementi tali da supportare l’eventuale apertura di un accertamento ispettivo'”.

Per il Gip emergono maltrattamenti e insulti, “che quando sono rivolti a bimbi di colore assumono inflessioni razziste”, nei loro confronti e in quelli dei genitori. “Dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Algeria [… ]Venite qui a fare delle idiozie!”. Se una bambina non stava seduta composta veniva colpita con “un colpo simile a quello di karate”, oppure quando un alunno era sdraiato a terra veniva afferrato per i pantaloni. “Colpi durissimi – li definisce il Gip -, destinati a rimanere impressi in modo indelebile nella memoria delle vittime”.