Salario europeo? Per Confindustria è "ridicolo"
“Ridicole“. Così il responsabile di Confindustria per i rapporti con le istituzioni educative europee, Attilio Oliva, ha definito le richieste sindacali di adeguamento delle retribuzioni italiane a quelle europee. Lo ha fatto nel corso di un seminario svoltosi a Roma, nella sede del MIUR, il 16 ottobre, alla presenza del sottosegretario Aprea, del responsabile per l’Education di Confindustria Silvio Fortuna, del capo del dipartimento Istruzione, Pasquale Capo, e di un consistente numero di direttori generali, ispettori e giornalisti.
Per avere un “salario europeo” gli insegnanti italiani dovrebbero prima di tutto accettare di aver un “trattamento europeo” per quanto riguarda l’orario di servizio, le ferie, la buonuscita, la pensione, e soprattutto il rapporto docenti/allievi: tutte voci che vedono gli insegnanti italiani in una situazione privilegiata rispetto a quella dei loro colleghi degli altri 7 Paesi esaminati nell’indagine comparativa illustrata nel seminario (Austria, Danimarca, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia). Oliva ha citato in particolare il caso della Germania, che impiega un numero di insegnanti più o meno uguale a quello che si registra in Italia (800.000) a fronte di una popolazione scolastica di 12.500.000 allievi, contro gli 8 milioni di allievi delle scuole italiane. Per diventare davvero europea, la scuola italiana dovrebbe avere meno insegnanti, pagati meglio e articolati in figure professionali differenziate.
In proposito, il sottosegretario Aprea è apparsa assai più prudente, pur riconoscendo la necessità di avvicinare la scuola e gli insegnanti italiani agli standard medi europei. A suo giudizio la riforma Moratti va in quella direzione, avendo previsto nuove modalità di formazione iniziale e in servizio dei docenti, e una maggiore autonomia organizzativa e didattica delle singole scuole.
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