Riforme e sindacati/2. Tra conservazione e innovazione

Un punto di convergenza di tutti i leader sindacali intervenuti nella tavola rotonda di Ischia è stato la critica decisa, senza riserve e sfumature, alla filosofia tremontiana dei tagli orizzontali, o lineari, al bilancio del ministero dell’istruzione, realizzata con la manovra finanziaria del 2008 (legge n. 133). Cioè il carattere indiscriminato, non selettivo, di una manovra basata su criteri meramente quantitativi, priva di qualunque apertura a logiche di investimento.

Il risultato netto di un’operazione di questo genere è stato, secondo i sindacati, il congelamento di qualunque processo innovativo, e anzi la regressione del sistema scolastico verso modelli del passato: un biennio dell’obbligo che è tutto tranne che unitario (Pantaleo), la riscoperta del maestro unico e dei voti (Scrima), il ritorno alla classica tripartizione licei, istituti tecnici e istituti professionali in condizioni di maggiore ristrettezza con orari ridotti e laboratori inadeguati (Di Menna), il blocco dell’autonomia delle scuole, che impedisce qualunque reale miglioramento dell’offerta formativa (Rembado).

Anche la manovra del 2010 è stata oggetto di pesanti critiche, malgrado la parziale retromarcia del governo e di Tremonti sul congelamento degli scatti di anzianità (ma non sul rinvio del contratto): oltretutto, convenendo su quanto subito osservato da Tuttoscuola, i sindacalisti hanno riconosciuto che il recupero degli scatti, che graverà sul 30% dei risparmi derivanti dall’applicazione della legge n. 133/2008, sarà fatto a scapito dello sviluppo professionale dei docenti, al quale quel 30% di risparmi avrebbe dovuto essere destinato. Un altro effetto che si colloca secondo i sindacati sul versante della conservazione, e non certo su quello dell’innovazione.