Quando l’inclusione diventa un dogma pericoloso/2. Serve una nuova legge?

Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha subito dichiarato “inaccettabile che una scuola sia costretta ad adattare i propri regolamenti per sottostare a culture incompatibili con i nostri valori” e rilancia la proposta di legge, a prima firma del deputato Igor Iezzi, che vieta l’uso del velo nei luoghi pubblici. Per chi “costringe” le donne a indossarlo, è previsto il carcere fino a 2 anni, una multa fino a 30mila euro e la preclusione della richiesta di cittadinanza.

Più cauto, almeno nel linguaggio, il ministro Giuseppe Valditara, intervenuto dopo che la neo-nominata Garante per l’infanzia, Marina Terragni, aveva parlato della necessità di intervenire in una situazione che “solleva molte preoccupazioni sulla libertà delle ragazze, sulla loro effettiva integrazione” e sugli “ostacoli al pieno sviluppo della personalità”. “Condivido il messaggio della Garante”, ha detto il ministro, “la scuola deve essere un luogo di vera integrazione, di relazioni umane solide e trasparenti, di valorizzazione della dignità della persona, un luogo in cui ragazze e ragazzi siano liberi di crescere armoniosamente. Non si deve caricare la scuola di responsabilità che non le competono”.

A tal fine, senza riferirsi comunque alla proposta di legge della Lega, il ministro ha però ribadito la necessità di un intervento legislativo “che riveda la normativa vigente”, perché “non si può chiedere a dirigenti scolastici e docenti più di quanto ha fatto la preside della scuola di Monfalcone”.

Di diverso avviso la senatrice del PD Tatjana Rojc, per la quale non serve una nuova legge, perché già quella vigente stabilisce l’obbligo di mostrare il volto: si tratta solo di farla rispettare.

Ma evidentemente esistono margini di interpretazione della norma, come il caso di Monfalcone dimostra. Il rischio è una nuova legge non si limiti solo a un chiarimento sul divieto, ma si estenda ad altri aspetti della problematica relativa agli immigrati di religione musulmana.

Forse è proprio per evitare che la questione straripi in una più ampia e pericolosa polemica anti-islamica che Reajul Haq, presidente del centro culturale islamico Baitus Salat, ha fatto sapere che, interpellato dalla preside del Pertini per avere la sua opinione, le aveva detto che “se lo Stato vieta il velo, ci adegueremo”, come ha riferito Marco Imarisio sempre sul Corriere.

La posizione di Reajul Haq sembra saggia e realista. L’inclusione non può essere perseguita a ogni costo e nel mancato rispetto delle norme di convivenza del Paese che include, soprattutto se è una democrazia pluralista come l’Italia. Se l’inclusione diventa un dogma, possono esserci effetti indesiderati e controreazioni, come hanno dovuto constatare i democratici americani nelle ultime elezioni.

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