Quando l’Aprea valutava il Pisa 2003 proponendo l’equità formativa delle scuole

La pubblicazione del secondo rapporto internazionale Ocse-Pisa nel 2003 uscì a metà circa del mandato del ministro Moratti, impegnato in pieno nell’avvio delle sue riforme, evidenziando un sostanziale arretramento dell’Italia rispetto alla prima indagine del 2000.

L’opposizione non collegò i mediocri risultati alle politiche in atto per l’istruzione e l’allora sottosegretario all’istruzione, on. Valentina Aprea, prese atto responsabilmente dei dati, impegnando il governo per la riqualificazione del servizio.

L’immagine che ci viene consegnata – aveva dichiarato l’on. Aprea nel corso di un convegno all’indomani della pubblicazione dell’indagine – è quella di un Paese diviso, con una parte che sta nella zona alta della classifica mondiale e un’altra, prevalente, che si colloca ai livelli più bassi.

Il che dimostra che, nonostante un’uniformità amministrativa e giuridica del sistema nazionale di istruzione, non esiste uniformità nazionale dei livelli di prestazione del servizio educativo ai cittadini, né esiste uniformità distribuita della qualità degli apprendimenti. Si tratta di una tendenza che, come ci dicono le rilevazioni statistiche, è via via cresciuta in questi ultimi decenni, invece di diminuire, tendenza che desta gravi preoccupazioni”.

Quella di Aprea era sostanzialmente una constatazione oggettiva che non andava alla ricerca delle cause dell’exploit negativo dell’Italia, auspicando solamente maggiore equità formativa: “è indispensabile porre al più presto rimedio, proprio in nome dell’equità formativa, del diritto al successo formativo di ciascuno e di tutti, del No Child left Behind dei repubblicani e dei democratici negli Usa, del “non trattare come uguali i disuguali” di Don Milani.

Attirare innanzitutto l’attenzione della Scuola italiana, della sua Amministrazione, dell’Università, della cultura, dei mass media su questi dati Ocse Pisa: vogliamo socializzare lo “shock” che essi producono per renderlo fecondo ed utile per il Paese”.

Il sottosegretario concludeva con un’esortazione a tutto campo: “Dall’analisi di questi dati ciascuno – per le responsabilità che ha – dovrà trarre conseguenze sul piano delle politiche della didattica, dei piani di studio, della docenza e delle politiche legislative”.