Quando la scuola uccide

La contestazione di genitori e studenti può portare alla morte?
A Venezia è accaduto.

La non condivisione di un progetto di riorganizzazione di un istituto scolastico può indurre al suicidio?
A Venezia è accaduto.

Per uno sciopero di protesta si può morire?
A Venezia è accaduto.

Il carico di reggenza può schiacciare la resistenza di un dirigente fino alla morte?
A Venezia è accaduto.

Vittore, cittadino del mondo, poliglotta, skipper, con tanta voglia di vita, forse aveva dentro un male oscuro, sconosciuto anche a lui, che gli stava togliendo la gioia di vivere, che lo stava logorando e annientando lentamente. Forse.

Voglio credere che sia stata quella la causa vera, invisibile che lo ha spinto a mettere fine alla sua vita proprio a Venezia, che aveva scelto, stregato dal fascino di quella città unica al mondo.

Voglio credere che le contestazioni, lo sciopero, il carico della reggenza siano stati soltanto concause, l’atto finale di una morte che già stava arrivando subdola e traditrice da dentro.

Voglio crederlo, davvero.

Ma se invece, come penso, nel cuore e nella mente dell’amico Vittore c’era ancora tanta vitalità, c’erano nei suoi sogni tanti mari da navigare e nuovi approdi da scoprire, devo amaramente riconoscere che è stata la scuola ad ucciderlo.

Vittore, come altri suoi colleghi, non aveva rinunciato a svolgere il suo ruolo di dirigente scolastico, anche a costo di amarezze e incomprensioni.

Probabilmente alla fine era rimasto solo, come capita spesso a chi oggi si trova a capo di una scuola non facile da governare; Vittore si è trovato senza qualcuno che potesse condividere le sue scelte difficili, non gradite alla maggioranza, ma che lui, con onestà intellettuale, aveva voluto condurre senza compromessi.

Ma alla fine erano rimasti soltanto lui e la sua coscienza. Soli. E hanno ceduto.

Voglio credere e sperare, caro amico, che la tua morte di dirigente, lasciato solo a combattere una guerra assurda e impossibile, non sia stata inutile.

Voglio credere e sperare che davanti al tuo gesto estremo con cui hai rinunciato ai tuoi sogni, tanti capiscano che di scuola non si può morire.

Un abbraccio immenso, Vittore.