Quando il ricorso al Tar è una questione tra partiti

Il contestato dimensionamento nel Lazio

La riforma del dimensionamento della rete scolastica può diventare oggetto di scontro politico se a deciderlo sono soggetti istituzionali (Regione e Comune) della stessa area politica.

Nel Lazio e a Roma in particolare la nuova rete delle istituzioni scolastiche, basata su una norma di legge del centro-destra (legge n. 111/2011, targata Tremonti-Gelmini-Berlusconi), è stata deliberata dalla giunta Polverini che ha fatto proprie, pressoché integralmente, le proposte dell’Amministrazione comunale capitolina guida da Alemanno.

Si è trattato di una revisione della rete scolastica piuttosto energica, tanto da comportare la chiusura di un numero di istituzioni scolastiche superiore di 20 unità a quanto aveva stimato lo stesso Miur.

Anche se la riforma della rete non intacca la presenza delle sedi scolastiche (e il diritto allo studio dei ragazzi) che continueranno a funzionare come prima negli edifici di attuale servizio, la soppressione di presidenze (di questo si tratta) non è stata gradita a molti (genitori in testa), tanto da dar vita, soprattutto per iniziativa di rappresentanti del PD, ad una serie di ricorsi al TAR per ottenere la sospensiva del provvedimento.

Gli otto maxiricorsi presentati al Tribunale amministrativo del Lazio non hanno, però, ottenuto l’accoglimento sperato e sono stati respinti.

Come riferiscono diversi quotidiani della capitale le sentenze del giudice amministrativo sono state accolte con soddisfazione dai rappresentanti delle amministrazioni interessate che temevano una bocciatura politica e che hanno parlato di strumentalità del PD che avrebbe portato bambini e genitori davanti alla sede del Tar per tentare di esercitare una indebita pressione sui giudici.

Sul fronte opposto i genitori firmatari del ricorso, supportati dal PD, non si danno ancora per vinti e annunciano la volontà di impugnare l’ordinanza sfavorevole del Tar davanti al Consiglio di Stato.