Qualità&Merito/2. Il grave ritardo dell’Italia

Con il progetto PQM potrebbe forse iniziare una nuova fase nella tormentata storia della valutazione di sistema in Italia. Una storia fatta finora di ritardi, rinvii, scontri politico-accademici, ostacoli burocratici e pochi mezzi (una costante) assegnati a chi avrebbe dovuto o voluto realizzare il sistema nazionale di valutazione: l’ex Cede (Centro europeo dell’educazione), poi trasformato nel 1999 in Invalsi (Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione e formazione). 

La consapevolezza della necessità e urgenza di costruire in Italia un servizio nazionale di valutazione era già ben presente dalla metà degli anni ottanta del scorso secolo, e se ne fecero interpreti in sede scientifica autorevoli studiosi di diverso orientamento come il laico Aldo Visalberghi e il cattolico Mauro Laeng, senza che le loro proposte trovassero sbocco a livello politico.

Solo tra il 1990 (Conferenza nazionale sull’autonomia delle scuole, ministro Mattarella) e il 1994 (bozze Pajno di decreti legislativi sull’autonomia delle scuole, poi cestinati da D’Onofrio) si cominciò a discutere del problema a livello governativo, ma l’idea di affidare all’allora Cede il compito di cominciare a costruire il sistema di valutazione fu ostacolata dalla burocrazia ministeriale, orientata ad avvalersi per questa funzione del servizio ispettivo, più controllabile dal Ministero. Il risultato fu il nulla di fatto fino alla 1999, quando il ministro Berlinguer, vinte le ultime resistenze di una burocrazia ormai assai indebolita, decise infine di puntare sul Cede, trasformato in Invalsi, allora presieduto da Benedetto Vertecchi.

Ma il nuovo Istituto nasceva con i limiti strutturali del vecchio Cede: dipendenza dalle commesse del Ministero, personale tutto ‘comandato’ e ridotto al minimo (anche se ora con la possibilità di assumere ricercatori a tempo determinato), modello organizzativo e di governance inadeguati, controlli del Ministero “vigilante” e così via. Limiti rimasti praticamente gli stessi anche con la presidenza Elias (ministro Moratti) e in buona parte ereditati dall’attuale presidenza Cipollone (ministri Fioroni e Gelmini), che però rispetto ai suoi predecessori gode di un significativo credito e di maggior sostegno da parte non solo del Miur ma anche del Ministero dell’economia e della Banca d’Italia, dalle cui fila Cipollone proviene. Ma per fare bene il suo lavoro l’Invalsi avrà bisogno di risorse finanziarie, strumentali e umane di gran lunga superiori a quelle di cui oggi dispone.