Prove Invalsi/4. I consigli di Bertagna

I pareri espressi sulle questioni connesse alla valutazione sono tanti, tra i più significativi meritano di essere segnalate due critiche a questo modo di procedere che Giuseppe Bertagna illustra nel suo libro “Valutare tutti, valutare ciascuno” (ed. La Scuola, Brescia).
La prima: i tecnici dell’Invalsi non possono tenere riservati nella loro mente gli standard di prestazione attesi; devono spiegare alle scuole perché si attendono proprio gli standard di apprendimento scelti e non altri, e come sono giunti a formularli, e perché sarebbero attendibili. La seconda: in verità, la determinazione degli standard di prestazione dei ragazzi non può essere affidata ad un gruppo centrale di intelligenza lungimirante quanto si vuole, ma deve scaturire da un continuo e sistematico lavoro di interscambio tra Invalsi e scuole.
Sostiene il prof. Bertagna, infatti, che i tecnici dell’Invalsi dovrebbero raccogliere, a campione, in scuole del centro, del sud e del nord, gli standard di prestazione relativi ai diversi obiettivi specifici di apprendimento di fatto formulati dai docenti, in situazione reale, nelle loro unità di apprendimento; dovrebbero quindi predisporre una graduatoria di questi standard; scegliere poi quelli che si collocano circa alla metà del livello superiore di questa graduatoria e infine, dopo aver reso pubbliche le proprie scelte, richiedere lo svolgimento nazionale delle prove.
In questo modo, l’Istituto non solo rispetterebbe il dettato del co. 1, punto a) dell’art. 3 del suo decreto costitutivo (“effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti“) ma potrebbe raggiungere anche quello non meno importante del co. 1, punto g) dello stesso articolo (“svolge attività di formazione del personale docente e dirigente della scuola, connessa ai processi di valutazione e di autovalutazione delle istituzioni scolastiche“).