Profumo: il futuro è l’educazione circolare

Secondo Francesco Profumo, già ministro dell’Istruzione e dell’Università e presidente del Cnr – e ora rettore del neonato Opit – Open Institute of Technology, istituzione accademica di caratura internazionale attiva nel campo della Computer science – “non si può pensare che le conoscenze acquisite lungo il percorso ‘lineare’ riescano ad accompagnare professionalmente fino alla fine della propria carriera. Il ‘periodo di utilità’ delle conoscenze acquisite si riduce ogni giorno, e questo pone l’accento su quanto sia essenziale l’apprendimento continuo”.

Lo ha scritto in un intervento, pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 15 maggio, nel quale, dopo aver premesso che l’intelligenza artificiale (AI) va considerata “una di quelle poche tecnologie o invenzioni che cambiano radicalmente e in modo indelebile la società”, come in precedenza l’avvento dell’ICT, dell’elettricità e del motore, sostiene che questo trend irreversibile richiede al mondo dell’istruzione “un enorme cambiamento”. 

Una solida formazione di base rimane una prerogativa essenziale”, scrive Profumo, ma poi occorre innestare su di essa un percorso di apprendimento continuo che consenta l’acquisizione di sempre nuove competenze in una logica non più lineare, come quella dei modelli educativi del passato, ma circolare, di alimentazione costante e ricorsiva del patrimonio iniziale di conoscenze e competenze. 

Siamo cresciuti pensando che ‘imparare’ significasse seguire un percorso prestabilito. Iscriversi alle scuole elementari, frequentare le medie e il liceo, e, per i più fortunati o ambiziosi, concludere prendendo una laurea”. Ma questo modello va rivisto e adeguato ai tempi. Serve un modello “in cui si ritorna ‘sui banchi’ più volte nella vita, al fine di aggiornarsi, e dimenticando o cancellando conoscenze ‘obsolete’, facendo posto a nuovi modelli produttivi, nuovi modi di pensare, di organizzare, e a nuove tecnologie”.

Profumo evidenzia in particolare il ruolo delle istituzioni universitarie, ma il suo ragionamento vale per tutto il sistema educativo, che deve “ripensare da zero il proprio modello che, in un’epoca digital, non può essere una pura e semplice trasposizione digitale del vecchio modello di apprendimento analogico”.  

In questo modo, ci sembra, l’analisi di Profumo si pone in continuità con alcune delle importanti e in qualche modo profetiche intuizioni emerse nel dibattito sull’educazione permanente sviluppatosi negli anni Settanta dello scorso secolo, dal Learning to be del Rapporto Faure per l’Unesco (1972) alla radicale contestazione del modello educativo tradizionale, considerato obsoleto perché schiacciato sul passato, dei teorici della descolarizzazione come Everett Reimer e Ivan Illich.

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