Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Integrazione scolastica in Italia secondo l’Istat: ancora troppe ombre

In Italia gli alunni con disabilità sono presenti nelle scuole comuni dagli anni Settanta, quando con due provvedimenti normativi (la Legge 118 del 1971 e la più nota 517 del 1977) vennero chiuse la gran parte delle scuole speciali. Il prossimo anno ricorrono dunque i quarant’anni dalla emanazione della legge simbolo dell’integrazione scolastica, che, come sostiene Fiorin, segna il passaggio dalla logica dell’inserimento fisico, alla dimensione dell’integrazione scolastica. Non possiamo però celebrare il quarantesimo compleanno della legge 517/77 senza chiederci quale sia lo stato di salute dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Gli ultimi dati ISTAT mostrano una situazione di estrema frammentazione e la qualità dell’integrazione scolastica è ancora molto lontana dall’essere soddisfacente.

Le ombre
Il ruolo degli insegnanti di sostegno che, è bene ricordare, viene assegnato alla classe e non all’alunno con disabilità, consiste principalmente nel promuovere l’inclusione scolastica dell’alunno certificato. Per far questo è necessario che possa creare relazioni significativa tra gli alunni e con il resto dei docenti. Un primo aspetto che desta preoccupazione riguarda proprio questo ambito.  Il 16% degli alunni con disabilità della scuola primaria ha cambiato insegnante di sostegno durante l’anno scolastico appena trascorso, il 19% nella scuola secondaria di primo grado. Il 42% degli alunni della scuola primaria ha cambiato l’insegnante di sostegno rispetto all’anno precedente, mentre nella scuola secondaria di primo grado ciò accade nel 36% dei casi. 

Gli assistenti educativi culturali o gli assistenti ad personam svolgono, in media, circa 10 ore settimanali in entrambi gli ordini scolastici, con forti differenze tra Nord e Sud. In altre parole la continuità educativa, alla base di un buon percorso inclusivo, è un miraggio per 1 studente su 2 alla scuola primaria e per 1 studente su 3 nella scuola secondaria di primo grado. Un disastro.

Un altro aspetto di grande fragilità, che indigna e preoccupa è dato dal fatto che il 10% gli alunni con disabilità non partecipano alle uscite didattiche brevi senza pernottamento organizzate dalla scuola. La partecipazione alle gite d’istruzione con pernottamento risulta addirittura più difficoltosa: nella scuola secondaria di primo grado non partecipano il 20% degli alunni con sostegno; nella scuola primaria la percentuale si attesta all’8%. Che scuola è quella che non permette a tutti i suoi studenti, di partecipare a momenti così importanti, come le gite scolastiche?

Fa riflettere anche un altro dato: circa l’8% delle famiglie di alunni della scuola primaria e il 5% della secondaria ha presentato negli anni un ricorso per ottenere l’aumento delle ore di sostegno. In pratica, per ottenere un diritto, queste famiglie devono pagare di tasca loro.

Le luci
Le poche luci che possiamo intravedere sono legate al fatto che l’assoluta maggioranza delle persone con disabilità frequenta le scuole comuni, tant’è che la percentuale degli alunni con disabilità rimane costante nel tempo. Nell’anno scolastico 2015-2016 gli alunni con disabilità nella scuola primaria sono 88.281 (pari al 3% del totale degli alunni), nella scuola secondaria di I grado 67.690 (il 4% del totale). Gli insegnanti specializzati sul sostegno hanno raggiunto di conseguenze cifre molto importanti: sono più di 82 mila, 1 ogni 2 alunni con disabilità.  Colpisce il dato che nelle regioni del Mezzogiorno si registra il maggior numero di ore medie di sostegno settimanali assegnate. Quale la ragione di questa differenza?

La situazione
La situazione, insomma, è complessa. La qualità dell’integrazione scolastica passa anche per l’organizzazione e la struttura che la scuola riesce a darsi. Con il continuo cambio dei docenti, questo è impossibile da realizzare. Serve una conoscenza diffusa e condivisa di tutti gli alunni con disabilità, così come è necessario che la scuola si organizzi e si strutturi come una comunità accogliente e non come erogatrice di un servizio amministrativo. In Italia l’integrazione è certamente un diritto, ma la qualità dell’integrazione è, purtroppo, ancora molto spesso un miraggio.

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