Il clima della classe è molte volte condizionato da comportamenti problematici di alunni che esprimono attraverso di essi una loro situazione di disagio. La realtà di classi disgregate e con problematiche relazionali costituiscono spesso un ostacolo alla crescita per molti alunni. La qualità della relazionalità che s’instaura nella classe non è però frutto del caso, va perseguita come un obiettivo ed è il risultato di una quotidianità attenta anche alla dimensione socio-affettiva dell’esperienza scolastica che non si ferma alla superficie dei comportamenti, ma si lascia interrogare da essi. Cosa fare?
La difficoltà di gestione di questi comportamenti problematici si trasforma molte volte in richiesta all’esperto di istruzioni per l’uso: cosa fare con il mio alunno che… non fa i compiti, prevarica i compagni, non s’impegna nel lavoro, interviene provocatoriamente, è sempre distratto e demotivato, ruba… e si potrebbe continuare ancora con tanti altri comportamenti problematici in classe, ai quali si aggiungono le situazioni difficili che gli alunni vivono a casa.
È una domanda che è viva e assume forme diverse in ogni insegnante, ma che non sopporta risposte banalizzanti. È una domanda carica di volti precisi e situazioni concrete che chiede però di restare aperta, perché non può ottenere risposte sicure, generali e immediate, nemmeno rispetto allo stesso problema, dello stesso alunno, in momenti diversi.
Sembra paradossale, ma la complessità e l’unicità di ogni situazione educativa rendono superficiale ogni risposta preconfezionata, per quanto possa sembrare rassicurante per l’adulto.
In questa prospettiva occorre restare aperti rispetto alla situazione problematica e coglierla sempre come un indizio da interrogare per coglierne il valore comunicativo oltre la superficie del comportamento manifesto. E, tanto più il comportamento si mostra disturbato e disturbante, tanto più rivela una sofferenza dell’alunno che si trasforma in richiesta di aiuto all’adulto, magari con modalità di provocazione, d’insulto o d’indifferenza. La fatica di crescere in alcuni studenti assume proporzioni tali da divenire insopportabile, trasformandosi in labirinto da cui sembra impossibile uscire. Purtroppo, quando i comportamenti vengono solo registrati e si va alla ricerca di rassicuranti ‘istruzioni per l’uso’, senza interpretarli come un messaggio da decifrare, una domanda da ascoltare, nascono le etichette: è svogliato, è aggressivo, è maleducato, è distratto…
Chi è l’autore
Claudio Girelli
E’ professore associato di Pedagogia sperimentale nel Dipartimento di Scienze umane dell’Università degli Studi di Verona. È presidente del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, dove insegna Programmazione e valutazione scolastica. Si occupa di ricerca educativa, formazione insegnanti e alfabetizzazione emergente (www.progettosiglo.it). È codirettore della rivista “RicercAzione” di IPRASE (Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa). Scrive per Tuttoscuola, potrete seguire la sua rubrica durante l’anno scolastico abbonandovi alla rivista (in formato digitale o in versione cartacea).
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