OCSE-PISA/3. Ma gli studenti italiani sono proprio così somari?

Fermo restando che il nostro Paese non può certo isolarsi, contestando modelli di indagine e metodologie ampiamente consolidati a livello mondiale, occorre tener presente che gli studenti italiani, soprattutto dopo la scuola primaria (dove ottengono buoni risultati anche nelle comparazioni internazionali), hanno programmi di studio centrati essenzialmente sull’apprendimento di conoscenze disciplinari, e non di competenze, cioè di capacità di utilizzare le conoscenze in contesti concreti, operativi, che è esattamente ciò che i test del PISA chiedono agli studenti di fare.
Inoltre la scuola italiana ha scarsa consuetudine con la somministrazione di prove valutative scritte, che sono invece pratica ordinaria o prevalente in altri Paesi. E’ vero che i test vengono tradotti e in qualche misura adattati alle caratteristiche delle singole realtà nazionali, ma resta una notevole distanza tra le prassi didattiche alle quali si ispirano le prove PISA e IEA e quelle impiegate nel nostro Paese. Al quale converrà, comunque, fare ogni sforzo per mettersi in maggiore sintonia con le tendenze internazionali in materia di valutazione degli apprendimenti, o meglio delle “competenze” (linguistiche, matematiche, scientifiche, tecnologiche, e anche sociali).