NEET/2. La ricetta Ocse per l’Italia

I dati presentati la scorsa settimana dall’Ocse in occasione del lancio del ‘Piano di azione sulla disoccupazione giovanile’ sottoscritto dai 34 paesi membri collocano l’Italia al quarto posto per percentuale di disoccupati tra i giovani under 25, con un tasso che sfiora il 39%. Peggio di noi in Europa fanno solo Grecia e Spagna, che superano il 50%, e il Portogallo, che si attesta al 40% (ma recupera nella fascia 25-29 anni).

Per questo, secondo il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, soprattutto per questi Paesi “è imperativo agire immediatamente per impedire che la crisi abbia un impatto ancora più negativo sulle prospettive dei giovani”.

Per quanto riguarda l’Italia, dove i NEET raggiungono il 21,5% tra gli under 25 (l’11% dei quali si dichiara “scoraggiato, disilluso, non cerca neanche più un lavoro perché pensa che non ce ne sia”), il direttore del Dipartimento del Lavoro e degli  Affari sociali dell’Ocse Stefano Scarpetta ha affermato che occorre combattere l’elevata dispersione a livello scolastico e universitario e intervenire sul sistema educativo puntando sulla “formazione tecnica di qualità”.

A questo proposito, secondo quanto riferiscono le agenzie, l’autorevole esperto ha detto che quel tipo di formazione “l’Italia ce l’aveva, aveva già quello di cui la Germania si vanta, ma purtroppo l’ha un po’ persa” perché da noi “si è disinvestito” proprio nel settore dell’istruzione tecnica “anche per un problema di percezione da parte delle famiglie, che spesso la ritengono meno auspicabile di un percorso accademico per i loro figli”.

Vero, ma è anche vero che la formazione tecnica in Germania comprende anche il vasto settore della formazione ‘duale’, percorsi di apprendistato formativo che si svolgono prevalentemente in azienda, integrati da una formazione di carattere più generale, e che l’istruzione superiore comprende le Fachhochschulen, università tecniche in alternanza scuola lavoro: due esperienze importanti anche ai fini della lotta alla dispersione e alla disoccupazione giovanile che l’Italia non ha mai avuto, e che solo ora si cerca in qualche modo di incoraggiare tra mille difficoltà e resistenze.