
Maturità 2024, studentessa non si presenta all’orale e sparisce da casa. ‘Salvata’ dai prof. L’insegnante: ‘Così vid’i’ adunar la bella scola…’

Riceviamo e pubblichiamo la bella esperienza di un docente di una scuola romana, Salvatore Rosella, che nell’ultimo giorno delle prove orali dell’esame di maturità 2024 ha assistito a un vero e proprio salvataggio di una studentessa che, a causa di un attacco di panico, per poco non ha rischiato di giocarsi la propria carriera scolastica.
Succede al San Giuseppe al Casaletto, Istituto in via del Casaletto, 260, Roma. Il giorno è venerdì 5 luglio, ore 11:30. La Commissione d’esame ha già interrogato tre studentesse su quattro, tutto è cominciato in orario e minaccia di finire in perfetta puntualità. C’è tempo addirittura per una scappata a mare, forse, prima di sera, dopo aver timbrato all’inverosimile il Gran Pacco della maturità (con tutti gli scritti, le griglie, gli spunti dell’orale e via dicendo). La presidente di Commissione ne ha già passate tante ma, seppur provata dalla burocrazia, pregusta il lieto fine, la luce in fondo al tunnel che spalanca le porte all’estate. Tuttavia, se ogni cosa fosse filata liscia, non sarei qui a scrivere queste poche righe.
Torniamo all’incipit: ore 11:30. Decisa la valutazione della terza candidata, la commissaria di inglese sarebbe incline a far entrare la quarta e ultima, eppure qualcosa non torna. Anzi, c’è proprio qualcuno che non arriva: la studentessa in questione appunto, che sembra aver disertato l’orale.
Esplode il panico, che fino a quel momento la professoressa di filosofia, nonché Vicepreside dell’Istituto, aveva cercato di contenere, muovendosi telefonicamente per dissipare i dubbi sulla reale situazione della ragazza. Lei, a differenza delle altre esaminande, non fa parte della classe: è (o meglio dovrebbe essere) lì per dare l’esame da privatista. Negli scritti ha smentito, pur senza brillare, le paure peggiori che i docenti hanno quando si trovano di fronte candidati con percorsi di studio pittoreschi/inesistenti; ma a poco servono i punti totalizzati se lei non si siede, firma e stringe la mano alla Commissione, perché tanto le basterebbe per portarsi a casa il diploma.
Gli sforzi della Vicepreside però non danno il risultato atteso, anzi, confermano il problema: la ragazza non è scuola, non risulta essere mai arrivata, non sappiamo dove si trovi o il motivo della sua assenza. Non dobbiamo però immaginarlo a lungo: dopo cinque minuti di ipotesi poco esaltanti, entra in aula il padre della ragazza. È un uomo sulla cinquantina, emotivamente provato, occhi chiari. Ci spiega tutto: sua figlia soffre di attacchi di panico, così gravi che dal secondo liceo le hanno impedito di frequentare un regolare percorso scolastico. A poco sono servite le cure psicologiche finora intraprese; inoltre, i tentativi di farle recuperare privatamente gli anni persi a causa del blocco in seconda liceo stanno trovando un nuovo scoglio. Apprendiamo che la ragazza è già alla seconda maturità, la prima l’ha disertata a inizio sessione l’anno precedente. «Quest’anno sembrava avercela fatta», dice il padre, «ma oggi è crollata, non si è presentata e ora non risponde al telefono. Io non so dove sia. Volevo accompagnarla, credetemi».
Dice questo, e molte altre cose, sulla sera prima, sulla vita familiare, non facile, che sicuramente ha avuto ripercussioni sulla figlia, nonostante l’affetto o le buone intenzioni. Non dirò altro su questo, se non che gli abbiamo creduto, al suo sguardo, alla sua umiltà nel chiedere aiuto: né lui né la madre a telefono sapevano cosa fare per questa figlia, che si era tagliata fuori dal mondo con le sue mani anni prima, rifiutando da allora ambienti e stimoli diversi da quelli della sua prima adolescenza.
Qui si sarebbero potute fare tante cose, perfettamente legali, sensate, logiche e inattaccabili, come il Ministero (giustamente da molti punti di vista) insegna a fare. La decisione presa però trascende il buon senso o la norma e, nella sua insolita risoluzione, merita due parole di commento fuori verbale. Non ci saranno rinvii, suppletive né bocciature. Ci sarà invece una spedizione da parte di una squadra così composta: la Vicepreside in smart, il padre della ragazza e la docente di Scienze umane, entrambi su scooter. Grazie alla sorella minore della candidata risaliamo alla posizione di quest’ultima, poco distante dall’Istituto. La docente di Scienze Umane ha lavorato per vent’anni come educatrice di strada, è esperta in attacchi di panico e, insomma, sembra che la Santissima in persona l’abbia assegnata al San Giuseppe piuttosto che il Ministero, per poter appianare questa precisa complicanza. Dà istruzioni a tutti su come comportarsi per andare a prendere la ragazza e convincerla a sostenere l’orale: escono con due scooter e una macchina dal cancello, sembrano i personaggi di un film. Io aspetto davanti la scuola, con la sorella della malcapitata; le altre colleghe sono rimaste in biblioteca, probabilmente a pregare.
Dopo cinque minuti vediamo ritornare la smart e i due scooter, ma su uno di essi, c’è una persona in più: la ragazza assente, la studentessa in fuga, la figlia ritrovata. L’hanno presa con le buone, ma decise maniere di chi non tollera che i ragazzi sprechino la propria vita e, nella semplicità, a me giovane docente sembra di vivere una piccola favola.
Segue il colloquio, che non è un esame, ma una chiacchierata attraverso gli interessi, la cultura, la storia di questa ragazza. Dopo quaranta minuti stanno piangendo anche le sedie: la docente di arte non stacca gli occhi dal computer per darsi un contegno, mentre finge di verbalizzare l’impossibile; la collega di matematica si alza con una scusa inverosimile per sedersi dietro la candidata e piangere liberamente; la presidente di Commissione deve lottare con i tic nervosi che ne tradiscono continuamente l’emozione; le docenti di Scienze Umane e Filosofia, per i primi dieci minuti si scambiano sguardi intensi, poi restano in silenzio a mani giunte (tra poco piangeranno e rifiateranno affacciate alla finestra); la docente di inglese resiste, finché non arriva la citazione di Orson Wells. Il colloquio si conclude, ma ad Alessia (nome di fantasia), voglio fare un’ultima domanda: lei dice, parlando di Montale, nonché di sé stessa, che viviamo in una società asfissiante, in cui siamo spesso “troppo presi”, trascinati via dal turbine della società; ma allora in quei rari momenti in cui non ci sentiamo presi, in cui siamo libere/liberi, che cosa accade e come potremmo farli durare?
Alessia non sa se esista una risposta giusta a questa domanda – non lo so neanch’io e glielo assicuro prontamente – ma pensa che, per come è fatta lei, in quei momenti occorra dedicarsi alle piccole cose.
“Io, visto che dentro di me non ho grandi cose, penso che sia importante dedicarsi alle piccole”.
Dice così e io vedo una splendida ragazza, che si è censurata per anni quasi fino all’annichilimento, ma oggi è lì, anche grazie a noi, a prendersi la luce. E forse, lo speriamo, quella sarà solo la prima giornata di sole nella nuova estate della sua vita. La Presidente invita a custodire il tesoro prezioso che siede di fronte a noi, il padre ci stringe la mano con l’intensità delle promesse che durano.
Il voto è 20/20, all’unanimità, ma non è un voto, è una speranza, un segno di rinascita, un’attestazione di coraggio e di merito, forse non prevista dal Ministero, ma ancora contemplata dall’umanità e dalla vera Scuola, quella di cui mi onoro di far parte.
Più tardi, durante un aperitivo di Commissione, a lavori ben conclusi e ultimati, guardando le mie colleghe che sorridono e scherzano, mi viene in mente quel verso che Dante, in totale venerazione, pronuncia nel Limbo (Canto IV dell’Inferno) quando vede Omero che lo accoglie nel magico sestetto poetico formato da Orazio, Ovidio, Lucano e Virgilio:
Così vid’i’ adunar la bella scola…
Un po’ mi ci identifico, e sorrido.
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