Maturità 2019: addio tema storico. La lettera aperta di un’insegnante a Giolitti

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di una nostra lettrice rivolta a Giovanni Giolitti sull’abolizione del tema di storia al nuovo esame di maturità.

Caro Giovanni Giolitti,

forse qualcosa si muove! Si sta parlando di didattica, e non ci crederai, di didattica della storia.

Tutto è cominciato con la scelta, a mio avviso molto discutibile, di eliminare il tema di storia dall’esame di maturità ma, come sai, non tutto il male viene per nuocere. Infatti tale decisione ha aperto un dibattito che, chissà, potrebbe portare a conoscere meglio la tua epoca per poi inoltrarsi addirittura nello “short 20th Century”, secondo la denominazione del grande storico Eric J. Hobsbawm, spingendosi magari fino alla fine del bipolarismo.

Sì, lo so, hai ragione, non è la prima volta che si discute di insegnamento della storia nella scuola italiana. Anche durante lo scorso governo c’era stata quella lettera dell’allora ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che spiegava che possono insegnare la storia solo docenti preparati e costantemente aggiornati. Infatti io domani andrò a scuola, ma non nella mia, perché parteciperò ad un corso di aggiornamento di filosofia, molto interessante, ma di mattina e non potrò mantenere la promessa fatta ai miei studenti e cioè che avrei cominciato a parlare di te.

 Ti ricorderai che l’ex Ministra Fedeli si diceva preoccupata che la lezione della storia non penetrasse ‘nelle coscienze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi in modo più profondo’ e, citando niente di meno che Benedetto Croce, auspicava una conoscenza della storia meno superficiale. In quell’occasione il dibattito era sorto a partire da una trasmissione televisiva di Carlo Conti che chiedeva ai suoi giocatori: “In che anno Adolf Hitler viene nominato cancelliere? 1933, 1948, 1964 o 1979?”. Il conduttore televisivo, nonostante la sua nota abbronzatura, impallidì di fronte alle risposte dei suoi concorrenti: si partì dal 1948, per passare al 1964 e infine orientarsi per il 1979.

Anche allora emerse una riflessione sulla necessità di dare maggiore spazio all’insegnamento della storia, ma purtroppo tutto rimase ad un livello teorico senza portare a nessuna decisione concreta.

Caro Giolitti, devi sapere che Luca Serianni, linguista e presidente della commissione che ha rivisto l’esame di maturità, attribuisce la decisione di eliminare il tema di storia al fatto che fosse svolto solo dall’1 % degli studenti.

Oltre ad esternare la mia contrarietà all’idea commerciale sempre più diffusa, sia nella scuola che nell’università, che vede gli studenti ormai come clienti, vorrei portare il discorso su un piano molto pratico.

Come sai, io insegno storia e filosofia in un liceo scientifico romano. Con la riforma Gelmini è stata tolta la terza ora di storia nell’ultimo anno, quello della maturità, appunto.

Prima della riforma le ore di storia erano così suddivise: due ore al 3° anno, due ore al 4° anno e tre ore al 5° anno. E se provassimo a rimetterla? Anzi perché non adeguare le ore di insegnamento di storia del liceo scientifico a quelle del liceo classico e cioè tre al 3° anno, tre al 4° anno e tre al 5° anno?

È in atto un’emarginazione delle discipline umanistiche nel contesto del liceo scientifico che mi sembra preoccupante. Forse un medico, o un ingegnere, o un fisico, o un tecnico di laboratorio, un biologo, non devono avere le categorie culturali per elaborare un pensiero critico che li renda non solo dei bravi professionisti ma anche dei professionisti pensanti? Il medico, l’ingegnere, il fisico, il tecnico di laboratorio se non avranno studiato Kant o la complicatissima, eppure importantissima, guerra dei trent’anni al liceo, non li studieranno mai più.

In genere si risponde alla problematica del poco tempo utilizzato per la didattica, con il discorso che la scuola deve dare ai ragazzi le competenze piuttosto che le conoscenze. Ma per dei ragazzi di 16-18 anni le competenze storiche sono anche le conoscenze, senza le quali è difficile interpretare il mondo che ci circonda.

Mi raccomando, “acqua in bocca”, ma ti confesso che io stessa sconsiglio ai ragazzi di svolgere il tema di storia se non abbiamo svolto durante l’anno un minimo di approfondimento critico per evitare di scrivere un articolo di cronaca.

Ecco mi sembra che il primo passo da fare sia quello di dare più spazio, nell’orario curriculare, all’insegnamento della storia. Con due ore di storia a settimana come si possono affrontare i temi segnalati nelle indicazioni nazionali?

Non potendo più fare la critica storica per questioni di tempo, in questi ultimi anni ho cercato di legare la storia alla letteratura, che i ragazzi già svolgono in altre discipline, per dare loro qualcosa di più che solo un elenco di fatti. E’ un esperimento che sta funzionando e che da’ i suoi frutti.

L’anno scorso, ad esempio, ho lavorato nella mia quinta sullo sgomento degli ebrei italiani colpiti dalle leggi razziali del ’38, utilizzando, oltre a documenti storici classici, passi del romanzo di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, de La Storia di Elsa Morante e di un testo autobiografico di Arrigo Levi, Un paese non basta. Molti alunni della mia classe alla maturità hanno poi scelto, in controtendenza, di svolgere la prima traccia, che guarda caso, partiva proprio dall’analisi del testo di una pagina del libro di Bassani. Quindi è vero, come dice Luca Serianni, che la storia può rientrare in tanti modi e non solo nel tradizionale tema storico, ma occorre avere il tempo per insegnarla. Gli studenti scelgono le tracce in cui si sentono più sicuri e su cui sanno di avere le così tanto vituperate conoscenze.

L’appello che vorrei fare è: fateci insegnare la storia! Non voglio fare la prof vittimista, anche perché amo il mio lavoro, ma si deve sapere che oggi un professore si  occupa di così tante cose che le sue  ore di didattica  non sono mai effettive.

 ‘In che senso?’, chiedi. Beh, ad esempio io sono coordinatrice di una classe quinta che dovrà affrontare il nuovo esame. Giustamente la Dirigente scolastica ci ha chiesto, non solo di formare l’ennesima commissione di studio, ma anche di tenere aggiornati i ragazzi che sono preoccupati di dover affrontare un esame di cui si sa ancora troppo poco. Ecco le mie due ore di storia settimanali sono impiegate anche per questo, dopo aver passato un paio di pomeriggi a cercare di capire bene il nuovo esame di Stato, anziché prepararmi una bella lezione, che so, sulla tua epoca.

Oggi gli impegni per un professore sono così tanti che insegnare è una sorta di capriccio.

Mi auguro che questo dibattito sulla didattica della storia non si risolva in un nulla di fatto, ma porti a delle scelte concrete che, per quanto mi riguarda, non possono che basarsi sul dare maggiore spazio curriculare all’insegnamento di questa materia.

Speriamo!

Caro Giolitti ti prometto che, subito dopo il corso di aggiornamento, inizierò a parlare di te e della tua epoca, ma sappi che non potrò dedicarti più di due ore in cui racconterò delle tue riforme, del decollo industriale italiano, ma anche delle critiche che ti ha rivolto Salvemini. Ah, dimenticavo, dovrò poi soffermarmi bene sulla pratica parlamentare del trasformismo perché, a causa del poco tempo, ho scelto di non fare la politica del tuo collega Depretis – che il trasformismo lo ha inventato –  sapendo che poi avrei potuto riprendere il tema con te, che sei stato l’autore delle più audaci azioni trasformistiche della storia, anche se solo fino al secolo scorso“.

Isabella Piersanti