Marzo 2020-22: due anni dall’inizio della pandemia. E se questo tempo fosse stato un’opportunità non colta?

Due anni fa, di questi tempi, chiudeva tutto. Si abbassavano le serrande alle palestre, a molti negozi, agli uffici pubblici. Non si poteva andare a messa, correre al parco, vedere un film o una mostra. Per settimane, mesi, tutto restò chiuso. Poi qualcuno azzardò i corsi di pilates on line, gli aperitivi su zoom, la messa in televisione. Tutto dopo tempo, a volte dopo molto tempo. Tutto, ma non la scuola.

La scuola, di fatto non ha mai chiuso. Attraversata da polemiche, da difficoltà, forse da carenze strutturali e da una cultura informatica poco diffusa, ma di fatto la scuola non ha mai chiuso. Più della scuola, hanno dato il loro servizio forse solo gli ospedali.

La scuola si è solo trasferita di luogo. Dalle aule alle case, dalle sezioni della scuola dell’infanzia alle stanzette dei bimbi, dai Licei e dagli  Istituti di quartiere, alla camerette degli adolescenti. I docenti, i dirigenti, però non hanno mai smesso di lavorare: alcuni molto bene, altri meno, ma tutti con enorme impegno e sacrificio.

All’inizio, è giusto ricordarlo, c’è stato grande confusione e qualche incertezza. Le maestre della scuola dell’infanzia di mia figlia ad esempio non sono riuscite per diversi giorni, forse per qualche settimana, ad organizzarsi. Alla nostra richiesta di maggiore impegno risposero con qualche mugugno, la foto di classe le mostra ancora arrabbiate, pazienza. La scuola dell’infanzia forse ha avuto maggiori difficoltà ad entrare nella logica virtuale, tant’è che dopo poco per loro si introdusse il termine di LEAD (parlando quindi di legami e non di didattica) a distanza.

Insomma, resistenze a parte, la scuola ha “tenuto botta” e, come gli ospedali e le caserme, non ha mai chiuso né smesso di erogare il proprio servizio. Ricordiamo tutti i capelli non perfettamente tagliati del presidente Mattarella ed il suo celebre “Nemmeno io sono andato dal barbiere”, proprio nei giorni in cui i docenti lavoravano per ore per la scuola. Della serie: avevano chiuso i servizi del Quirinale, ma la scuola no.

Dopo questo approccio di impegno incondizionato però qualcosa forse si è rotto. Le famiglie hanno iniziato a chiedere sempre di più, le scuole ad avere maggiori difficoltà. Il personale non bastava mai, le richieste dei genitori si fecero continue e non sempre appropriate.

Forse, quel che è cambiato dopo due anni, è il livello di pazienza e di sopportazione. Le famiglie sono stanche, la scuola anche. Abbiamo avuto quarantene, zone rosse, DAD, DID, vaccini: troppo.

E poi ci sono i ragazzi, i più fragili, i più soli.

In una sua intervista a Tuttoscuola, nella trasmissione su Radio Cusano Campus, il prof Stefano Vicari ha ribadito le conseguenze che l’isolamento ha indotto negli adolescenti: “Ci sono degli studi che hanno coinvolto molti ragazzi, anche in Italia, che hanno documentato alla fine del primo lockdown come nei bambini ci sia stato un aumento di disturbi del sonno e dell’irritabilità, mentre negli adolescenti siano comparsi segni di ansia e di depressione. La richiesta di aiuto per disturbo mentale è aumentata del 30% nel corso della seconda ondata. L’età media di queste richieste si è abbassata e 7 volte su 10 il ragazzo viene in pronto soccorso perché si procura ferite da taglio e ha pensieri suicidari. Perché nella seconda ondata ciò è accaduto più che nella prima? Perché nella prima tutti erano a casa, nella seconda i genitori sono tornati al lavoro lasciando a casa i ragazzi da soli. L’angoscia è aumentata”

Cosa è cambiato in questi due anni? Tutto e niente nel bene e nel male.

È aumentata l’angoscia nei nostri ragazzi che hanno sperimentato l’isolamento, mentre avrebbero dovuto stare insieme. Contestualmente abbiamo scoperto la possibilità di fare scuola a distanza, anche in maniera non del tutto trasmissiva.

Abbiamo imparato a fare scuola a distanza, dunque, ma manca una copertura internet di qualità in tutta Italia. Senza contare che abbiamo sperimentato che “distanza” e “in presenza” non sono proprio la stessa cosa.

Inevitabilmente ci chiediamo se questo lungo tempo sia stato un’opportunità, magari non colta pienamente, o solo una terribile parentesi nella vita “normale. Insomma, a volte viene il dubbio che per l’ansia di cambiare tutto, continuiamo ancora dopo tanto tempo, a non cambiare niente. O no?

Secondo te in questi due anni cosa è cambiato a scuola?
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