Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia: l’urgenza di un’educazione critica nella società moderna

di Marco Della Luna

Mario Caligiuri, in apertura del terzo capitolo del suo saggio Maleducati (2024), afferma[i] «La disinformazione rappresenta, secondo me, l’emergenza educativa e democratica di questo tempo, in quanto accentua pericolosamente la difficoltà di comprendere la realtà e i fenomeni che ci circondano e ci orientano. Si è consolidata infatti una società della disinformazio­ne, che si caratterizza in modo assai preciso: la dismisura dell’infor­mazione da un lato e il basso livello sostanziale di istruzione dall’al­tro. Questo determina un corto circuito cognitivo che allontana le persone dalla comprensione delle reali dinamiche sociali. L’obiettivo reale di questo processo è il controllo della mente del­le persone, che rappresenta il campo di battaglia dove si vincono o si perdono i conflitti per il potere a livello globale. E per difendersi dalla disinformazione c’è un solo, unico, possibile strumento: l’educazione, che serve per individuare le in­formazioni rilevanti, sviluppare il pensiero critico e connettersi con il proprio tempo…

La disinformazione diventa centrale nell’orientare il comporta­mento dei cittadini e questa tendenza, sebbene operante da tempo, è stata evidenziata solo dopo che l’ideologia progressista del poli­ticamente corretto nel 2016 era stata sconfitta nelle consultazioni presidenziali americane e nella Brexit». Secondo Caligiuri, che con queste ultime frasi sembra alludere alla costruzione di un pensiero unico da parte delle istituzioni a tutela della loro narrariva e a delegittimazione dei diversamente pensanti, gli Italiani sono particolarmente penetrabili dalla disinformazione dato che il loro livello medio di istruzione sostanziale è basso, e che i mass media italiani sono al 58° posto per grado libertà su 160 paesi al mondo. Inoltre, come efficacemente Caligiuri descrive nel cap. 4[ii], in Italia, dai primi anni ’90 in poi si è sviluppato un nuovo modo di fare propaganda politica sfruttando da un lato la scarsa capacità critica e la scarsa cultura della popolazione in generale, e dall’altro lato le risorse offerte dalla televisione combinata col marketing commerciale, e poi di internet.

La combinazione di potere giudiziario e potere mediatico, nella vicenda nota come Tangentopoli, ha cambiato la percezione generale della politica e della classe politica nonché del ruolo del potere giudiziario. In parallelo, «Utilizzando le informazioni raccolte da Publitalia per collocare la pubblicità sulle reti commerciali Mediaset, in pochi mesi, attraverso il marketing, il partito fondato da Silvio Berlusconi conquista la maggioranza relativa degli elettori. Un caso unico che verrà poi perfezionato in Francia nel 2016 da Emmanuel Macron che in aprile fonda “La République En Marche!” e il mese successivo vince le elezioni presidenziali, sempre grazie al sostegno massiccio del sistema mediatico. È la dimostrazione che il dibattito politico è condizionato dai media e che l’elettorato si orienta in misura rilevante in base alla propaganda, confermando le due caratteristiche fondamentali della società della disinformazione. L’azione martellante del sistema mediatico e il basso livello di istruzione degli elettori hanno determinato questi risultati…. Lo schema utilizzato per raccogliere consensi era quello ideologico dell’individuazione del nemico: Berlusconi individua il comunismo e poi i giudici [rectius: magistrati] (che avevano cominciato a indagarlo solo dopo che aveva vinto le elezioni, mentre prima non era stato neanche sfiorato dalla bufera di Tangentopoli), così come lo schieramento opposto ha come collante principale proprio l’ostilità verso Berlusconi.». Le argomentazioni per le masse sono semplificate, anzi banalizzate, dirette all’emotività. La politica è sempre più personalizzata, legata all’immagine del leader. Inoltre, conclude Caligiuri, lo Stato continua a finanziare l’editoria, con effetti distorsivi e peggiorativi notevoli nell’ambito della pubblica informazione. E la propaganda diretta e l’informazione istituzione che lo Stato porta avanti, è la più seduttiva e insidiosa forma di disinformazione, come nel caso della guerra di Ucraina e della pandemia[iii].

In tutto il saggio in esame, Caligiuri propugna uno sforzo didattico per munire gli studenti di idonei strumenti critici, oltreché di sufficienti conoscenze, per districarsi nel groviglio dei messaggi manipolatori e delle disinformazione; ma i livelli di capacità critiche e di cultura necessari per affrontare un tale compito, in una società sempre più complessa e scientificamente avanzata come la nostra, secondo me non sono realisticamente attingibili se non da una modesta minoranza[iv]. Inoltre, coloro che avrebbero il potere di riformare la scuola e l’università, hanno tutto l’interesse a che queste continuino a sfornare generazioni di giovani docili, privi di capacità critiche e ben avviati al conformismo e all’omologazione sul pensiero unico – cittadini perfetti per una democrazia inerziale, governata cioè senza autentico consenso della popolazione, ma solo in base al consenso formale. “Un consenso senza consenso” scrive Caligiuri riportando Noam Chomsky.

[i] Ivi, pag. 29
[ii] Ivi, pag. 37 ss
[iii] Cit., pag 43
[iv] Cit., pag. 97

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