Ma l’abilitazione equivale al concorso?

L’abilitazione all’insegnamento è il lasciapassare per esercitare la professione di docente nella scuola italiana, statale o paritaria. In passato vi sono state strade diverse per arrivare all’abilitazione: i concorsi ordinari, i corsi abilitanti riservati e, per la scuola elementare, il diploma (fino al 2002).

Ora per arrivare all’abilitazione vi è soltanto la strada maestra della formazione universitaria, già anticipata da diversi anni nelle facoltà di scienze della formazione primaria per i futuri docenti di scuola dell’infanzia e scuola primaria.

Grazie proprio a quella abilitazione (e solo a quella) migliaia di laureati sono entrati nelle graduatorie ad esaurimento, acquisendo automaticamente il diritto, prima o poi, di ottenere una supplenza annuale e, in un futuro non troppo prossimo, anche l’immissione in ruolo.

I futuri laureati che conseguiranno la laurea magistrale, anche se esclusi dalle graduatorie ad esaurimento, disporranno comunque della abilitazione all’insegnamento da spendere, chissà quando, per esercitare la professione docente.

Ma questo indispensabile passaporto per la docenza serve anche automaticamente per essere assunti nei ruoli della scuola statale? Moltissimi ne sono convinti, soprattutto se sono inclusi legittimamente nelle graduatorie ad esaurimento. La sola abilitazione basta per il ruolo?

L’articolo 97 della Costituzione, al terzo comma, dispone testualmente: “Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.

Anche per la scuola statale l’art. 97 non fa eccezione. È vero che la Costituzione attenua l’obbligo del concorso per l’accesso ai ruoli con quel “salvo i casi stabiliti dalla legge”, ma le graduatorie ad esaurimento rientrano in questa eccezione? Rientrano in questa deroga rispetto alla strada maestra del concorso anche gli ipotetici albi regionali a cui gli abilitati possono iscriversi per una possibile chiamata diretta da parte delle scuole? 

Viste le inequivocabili sentenze della Consulta in materia, sarebbe forse opportuno un autorevole chiarimento che eviti l’alimentarsi di aspettative che potrebbero andare deluse.