Ma gli orari dei tecnici e dei professionali devono essere ridotti o no?/1

Tra polemiche, annunci trionfalistici, richieste di dimissioni del ministro, comunicati stampa e controcomunicati, diventa difficile capire quale sia esattamente la ragione del contendere sulle pronunce della magistratura amministrativa a proposito della riduzione degli orari di lezione nelle classi intermedie degli istituti tecnici e professionali. Cerchiamo, quindi, di fare il punto.

Nel maggio 2009 il Consiglio dei ministri approva in prima lettura gli schemi di regolamento dei nuovi istituti tecnici e professionali (è prevista già la riduzione oraria delle classi intermedie); due mesi dopo il Consiglio nazionale della Pubblica istruzione esprime il prescritto parere.

Al termine della procedura consultiva, il Consiglio di Stato esprime parere favorevole (21 dicembre 2009) sui due regolamenti (comprese le riduzioni orarie) e, al termine della fase autorizzativa, i due regolamenti sono pubblicati in Gazzetta ufficiale all’inizio dell’estate scorsa (dpr 87 e dpr 88/2010).

A quel punto la riduzione oraria delle lezioni è pienamente legittima e deve solo essere applicata.

Ferma restando tale riduzione oraria a 32 ore settimanali, restano da definire le discipline di studio che dovranno essere ridotte nell’orario, con esclusione di quelle che hanno meno di tre ore settimanali. È questo l’oggetto del ricorso dello Snals e della sospensiva del Tar.

Il Miur, infatti, emana il 1° giugno 2010 due decreti interministeriali nei quali identifica le classi di concorso che dovranno perdere ore, in modo da abbassare l’orario finale a 32 ore settimanali complessive. Nell’occasione, però, omette di acquisire il parere obbligatorio del CNPI.