L’Unione Europea diventa Unione delle Competenze

Il Rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi, presentato lo scorso settembre, dedica una parte cospicua ai sistemi d’istruzione. Un’ampia sezione del secondo capitolo, dedicato all’innovazione e alla necessità di colmare il divario che separa l’economia europea da quelle ad alto tasso d’innovazione, è destinata alle competenze e ai sistemi d’istruzione. Anche nella seconda parte del Rapporto, dove si approfondiscono le analisi e si strutturano le raccomandazioni, la riflessione sulle competenze occupa un posto centrale tra le politiche orizzontali. Proprio dalle parole del documento Draghi sulle competenze trae spunto la lettera d’incarico che Ursula von der Leyen ha inviato a Roxana Mînzatu, vice presidente esecutivo della Commissione europea che si occuperà, tra l’altro, di competenze, a segnare l’impronta che il Rapporto darà alla nuova Commissione. Alcuni dei temi del Piano sono riproposti e indicati come obiettivi della vice presidente Mînzatu; von der Leyen giunge fino ad assumere in pieno la felice espressione di “Unione delle competenze” coniata da Draghi, ma soprattutto articola in obiettivi concreti le proposte avanzate dal Rapporto. Da qui deriva la richiesta di formulare un “Piano d’azione sulle competenze di base” e un “Piano strategico sull’educazione STEM”, solo per citare due esempi di obiettivi che rielaborano le proposte Draghi. Altrettanto rilevante è l’impronta che il Rapporto ha dato alla Bussola perla competitività che la Commissione ha presentato lo scorso gennaio come sua prima iniziativa e che costituirà la cornice strategica dell’Unione per sostenere la crescita e la competitività.

Il Rapporto Draghi e la conseguente strategia per la crescita individuata nella Bussola per la competitività intendono proteggere il “modello di vita” degli europei, i valori di coesione e solidarietà dell’Unione, espressi dalla Carta dei diritti. L’esempio più evidente di questo tentativo di proteggere i valori più profondi dell’Unione lo troviamo proprio nel settore delle skills, il settore nel quale le scuole italiane possono dare il loro contributo fattivo: la promozione delle competenze degli studenti, la valorizzazione delle conquiste delle persone nel perseguire i loro “progetti di vita”. La centralità delle competenze nel Rapporto e nella Bussola, ma con tutta evidenza nella nostra vita sociale ed economica, è così manifesta che ci induce a prefigurare una sorta di nuovo diritto sociale fondamentale, quello dell’accreditamento delle capabilities individuali che formano la sostanza dell’uguaglianza di opportunità che attraversa la trama normativa della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Una nuova prerogativa di matrice europea da collocarsi tra il diritto all’istruzione e alla formazione permanente e continua (art. 14), il diritto a esercitare una professione liberamente scelta (art. 15) e quello a vivere un’esistenza libera e dignitosa (art. 34.3).

La Comunicazione Union of skills

In base alla strategia delineata dalla Bussola per la competitività, lo scorso 5 marzo la Commissione europea ha adottato una Comunicazione che trae il titolo dall’espressione del Rapporto Draghi, The Union of skills. Molte delle iniziative e delle idee nascono proprio dall’analisi del Rapporto Draghi, che, ancora una volta, segnerà la politica europea dei prossimi anni sulle competenze. In questa materia l’Europa ha bisogno di un radicale cambio di passo. L’Unione delle competenze è una strategia ambiziosa, supportata da un nuovo modello di cooperazione per proporre soluzioni coraggiose, basate su obiettivi chiari, azioni chiave, finanziamenti e una governance più efficace. Già la Bussola perla competitività sottolinea che la capacità di competere dell’Unione europea è fondata sulle persone e le loro competenze, tanto da inserire la promozione di quest’ultime tra i cinque “attivatori trasversali”, essenziali per sostenere la competitività in tutti i settori. A partire dalle indicazioni della Bussola, l’Unione delle competenze propone un approccio innovativo che combina istruzione, formazione e politiche attive per l’occupazione, unite attorno a una visione comune di competitività. A questi passaggi europei le scuole italiane devono essere attente perché i documenti citati delineano strategie che coinvolgeranno a breve anche le istituzioni educative, dando nuove opportunità e nuove direttrici d’azione. Solo per citare un esempio e arrivare già alle ultime righe della Comunicazione, si annuncia una nuova Raccomandazione dedicata al capitale umano, all’istruzione e alle competenze, lette come fattore chiave per una competitività sostenibile. La Raccomandazione e i suoi obiettivi saranno di grande importanza per tutti i Paesi europei, infatti è intenzione della Commissione inserirli tra le politiche socio-economiche degli Stati membri che ogni anno vengono coordinate durante il Semestre europeo, avendo in tal modo un’incidenza diretta sui piani di bilancio degli Stati e, in ultima analisi, anche sulle scuole.

Riavvolgendo il filo, la Comunicazione si apre con l’analisi della competizione globale per attrarre i talenti, con le considerazioni sull’inverno demografico e la riduzione della popolazione in età lavorativa che investono l’Europa. Il cardine del ragionamento della Commissione è che la competitività europea è interamente legata alle persone, i cittadini europei devono possedere solide competenze per consentire al nostro Continente di prosperare, di mantenere il suo modello sociale e potenziare la coesione economica e sociale. Dunque, una delle sfide più rilevanti che l’Europa si trova ad affrontare è la carenza di competenze: non abbiamo abbastanza studenti che raggiungano un titolo d’istruzione terziaria (Università o ITS Academy) né consentiamo a un numero sufficiente di adulti di migliorare le proprie competenze o riqualificarsi durante la loro vita lavorativa che investono l’Europa. che investono l’Europa. Il cardine del ragionamento della Commissione è che la competitività europea è interamente legata alle persone, i cittadini europei devono possedere solide competenze per consentire al nostro Continente di prosperare, di mantenere il suo modello sociale e potenziare la coesione economica e sociale. Dunque, una delle sfide più rilevanti che l’Europa si trova ad affrontare è la carenza di competenze: non abbiamo abbastanza studenti che raggiungano un titolo d’istruzione terziaria (Università o ITS Academy) né consentiamo a un numero sufficiente di adulti di migliorare le proprie competenze o riqualificarsi durante la loro vita lavorativa.

Inoltre, nella competizione globale per i talenti, l’Europa fatica a essere una destinazione attraente, superata da Canada, Stati Uniti e Australia. L’analisi più dettagliata diventa implacabile. I sistemi scolastici non riescono a consolidare le competenze di base dei loro studenti, il loro forte declino, incluso quello delle competenze digitali, è una bomba a orologeria per la competitività e la democrazia in Europa. L’indagine PISA 2022, cui la Comunicazione fa riferimento, evidenzia tendenze preoccupanti: il 30% dei quindicenni nell’Unione non ha una competenza minima in matematica, mentre circa il 25% ha difficoltà in lettura e scienze. L’indagine ICILS 2023 attesta che circa il 43% degli studenti ha difficoltà con l’alfabetizzazione digitale di base. I dati europei ci parlano, inoltre, di divari socio-economici e territoriali che pesano fortemente sull’istruzione. Il background socio-economico degli studenti rimane un forte predittore dei risultati scolastici, con gli studenti svantaggiati che hanno un rischio decisamente più alto d’incorrere in un insuccesso grave. Esistono poi divari basati sul dove si vive, con ritardi delle aree rurali rispetto a quelle urbane, in particolare in relazione alla lettura e alle competenze digitali.

Se si passa alla formazione professionale si assiste alla crescente richiesta di figure che abbiano qualifiche professionali, dal settore dell’agricoltura fino alle professioni legate alla transizione verde, che si contrappone al decremento delle iscrizioni a questa tipologia di percorsi. I dati sull’istruzione degli adulti e la formazione professionale completano un quadro che impone all’Europa di agire: a fronte di un mercato del lavoro in rapidissima e continua trasformazione, che richiede aggiornamento professionale e riqualificazione, meno del 40% della popolazione adulta partecipa a programmi di formazione, ben al di sotto dell’obiettivo del 60% fissato per il 2030. Quasi la metà della popolazione adulta in Europa è priva di competenze digitali di base, nonostante siano richieste per svolgere più del 90% delle occupazioni. L’analisi della Comunicazione mette, poi, a fuoco la sfida che l’Europa deve affrontare nel soddisfare la richiesta di personale qualificato nei settori STEM, in particolare in ambiti strategici come le tecnologie legate alla transizione verde e a quella digitale, l’industria aerospaziale e della difesa. I sistemi educativi europei formano professionisti altamente qualificati, ma il loro numero è largamente insufficiente a coprire le esigenze del mercato del lavoro: quasi quattro PMI su cinque hanno difficoltà a trovare lavoratori con le competenze necessarie, in particolare nell’ambito delle tecnologie innovative come intelligenza artificiale, semiconduttori e informatica quantistica. Queste carenze hanno un impatto negativo su tutti i settori, tra cui trasporti, alimentare ed energia, limitando la crescita economica e soffocando l’innovazione. I numeri dell’ambito STEM sono inesorabili.

Questo è solo un estratto dell’articolo presente nel numero 652 di Tuttoscuola.
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Chi è l’autore?
Maria Beatrice Benedetto
Dirigente scolastica presso il CPIA Reggio Sud di Reggio Emilia e successivamente Direttore dell’Archivio di Stato di Roma. Dal 1 settembre 2022 in servizio presso la Direzione generale per i fondi strutturali per l’istruzione, l’edilizia scolastica e la scuola digitale del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Autrice e formatrice di Tuttoscuola.

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🧭 L’Europa delle competenze sarà anche quella della scuola?
📚 Quali strumenti servono davvero per leggere il disagio, guidare l’orientamento, superare il modello standard?
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