Lotta ai Diplomifici. Finalmente il piano ministeriale

Per la prima volta si dichiara guerra a un mondo opaco, parallelo al sistema d’istruzione, di cui ne inquina i risultati. Un business antico e redditizio, altamente diseducativo. Per cambiare le norme si è scelta la strada del ddl, invece della decretazione d’urgenza, con il rischio di regalare un altro anno ai diplomi facili.

Il ministro dell’istruzione e del merito Valditara, se pur con un po’ di attesa, è stato di parola e ha messo in atto in modo preciso quanto sinteticamente aveva annunciato subito dopo la pubblicazione del primo dossier di Tuttoscuola sui diplomifici (29 luglio 2023). 
Con il comunicato stampa di ieri, 6 dicembre, ha annunciato un piano straordinario di vigilanza – partito nei giorni scorsi nelle tre Regioni (Campania, Lazio e Sicilia) dove dalla fotografia scattata dal nostro dossier risiedono gli istituti più sospetti – e ha indicato chiaramente i punti significativi delle modifiche normative che, mediante un apposito disegno di legge, intende realizzare per prevenire e contrastare il fenomeno dei diplomifici.

Si tratta del primo “master plan”, organizzato e strutturale, che il Ministero dell’istruzione abbia mai messo in campo per combattere una piaga che infetta da sempre il sistema educativo italiano e che si annida all’interno del grande mondo delle scuole paritarie, ledendo la loro immagine. Alla buonora, si direbbe. Va dato merito al ministro Valditara di aver rotto quel velo di distrazione e di strisciante tolleranza sotto il quale potrebbero essersi nascoste anche alcune connivenze, come numerose indagini giudiziarie hanno dimostrato negli anni. Ma ad esse non avevano mai fatto seguito azioni concrete da parte delle decine di Governi che si sono succeduti.

Il dossier di Tuttoscuola, con dati (tratti dal portale del Ministero, quindi a Viale Trastevere li conoscevano bene, o potevano conoscerli già da anni) e analisi inoppugnabili ha da un lato fatto emergere il “boom” negli ultimi anni di questo torbido business, delineandone la mappa e le modalità di azione; dall’altro ha spazzato via ingiusti pregiudizi e generalizzazioni che hanno coinvolto l’intero mondo della scuola paritaria, rendendo giustizia alla quasi totalità di istituti che non sono minimamente toccati da questo fenomeno.

I dossier di Tuttoscuola (al primo, “Maturità: boom di diplomi facili”, ha fatto seguito dopo poche settimane “Il gran bazar dei diplomifici. I luoghi, il business, le scappatoie”) hanno scoperchiato il “vaso di Pandora” di un mondo opaco e di dubbia legittimità, parallelo al sistema d’istruzione, di cui ne inquina i risultati. Un business antico e ben noto, ma mai messo a fuoco con precisione. Con tassi di crescita negli ultimi anni da start up dell’alta tecnologia, nel contesto della stagnante economia italiana, rendendo sempre più insostenibile la situazione in un Paese in cui vige il valore legale del titolo di studio per tutti gli effetti previsti dall’ordinamento giuridico (tra cui l’accesso a concorsi pubblici), con riconoscimento quindi anche all’estero, a partire dall’Unione europea.

Ora finalmente si vuole mettere un punto. Bisognerà vedere se le azioni annunciate si riveleranno efficaci, se si darà seguito nel tempo: la malapianta è così radicata da essere difficile da estirpare. Molto difficile, non bastano certo annunci e buone intenzioni, serviranno misure concrete e ripetute nel tempo. Ne daremo conto.

Una preliminare considerazione, prima di entrare nel merito delle modifiche normative che dovrebbero intervenire sulla legge 62/2000 per la parità scolastica, riguarda lo strumento legislativo da sottoporre all’approvazione del Parlamento, il disegno di legge governativo.

E’ stato scelto lo strumento del Disegno di legge. Ma l’iter ordinario di approvazione di un ddl non è mai breve e, in questo caso, potrebbe non concludersi in tempo utile (saranno necessari anche i decreti di attuazione) per avere efficacia immediata sulle operazioni preliminari costitutive dell’anno scolastico 2023-24. E tutto verrebbe rimandato di un altro anno.

È augurabile, piuttosto, che venga utilizzato, ad esempio, il primo decreto-legge presente in Parlamento per inserirvi – eventualmente sotto forma di emendamenti – anche le modifiche normative prospettate.

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