L’obbligo scolastico infiamma il dibattito. E finalmente si parla di scuola

I programmi elettorali di alcuni partiti sull’obbligo scolastico, riportati da diversi giorni sui media in vista delle elezioni del 25 settembre, sembravano lasciare pressoché indifferenti elettori e commentatori politici, ma è bastato dar voce diretta a quelle specifiche proposte nella platea del meeting di Rimini per richiamare prepotentemente l’attenzione e aprire il dibattito. Acceso e dirompente.

Se la proposta di Letta di introdurre l’obbligo scolastico dai tre ai 18 anni non ha trovato molto gradimento e, anzi, è stata anche in parte contrastata dalla platea del Meeting, fuori, tra i partiti e sui social, ha invece aperto un dibattito con posizioni divergenti di condivisione e opposizione, portando, finalmente, al centro della campagna elettorale la scuola le sue problematiche e le sue aspettative per un miglioramento significativo.

Parlare di obbligo scolastico è stata, pertanto, l’occasione per parlare anche di dispersione e di abbandono scolastico, di uguaglianza di opportunità educative, di squilibri territoriali, di potenziamento della formazione e di sostegno di taluni indirizzi scolastici, nonché di valorizzazione della funzione docente con adeguato riconoscimento stipendiale per assicurare dignità ad una professione tanto necessaria quanto sottostimata. Si può sperare che l’attenzione sulla scuola non si spenga.

È troppo sperare che la politica faccia suo, almeno in parte, lo slogan elettorale vincente di Tony Blair di anni fa sulle tre priorità del Paese: istruzione, istruzione, istruzione?     

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