Lo sguardo degli ‘altri’. Modelli di scuola multietnica a confronto

Teresa Mariano Longo, docente di educazione comparata all’università di Amiens, e Thierry Roche, professore di studi cinematografici all’università di Marsiglia, studioso di Michelangelo Antonioni, sono gli autori di un singolare, inconsueto saggio che si colloca a metà strada tra l’approccio della pedagogia, che analizza i processi educativi, e quello dell’antropologia culturale, che studia atteggiamenti, comportamenti e valori delle comunità umane nei loro diversi contesti geo-storici, in questo caso rappresentati attraverso filmati dedicati agli alunni di scuola elementare di realtà profondamente diverse. In particolare di due, la scuola romena di Cirta – piccolo comune multietnico della Transilvania, dove coesistono bambini rom, tedeschi, ungheresi, romeni, perfino olandesi, alcuni figli di emigranti rientrati – e quella italiana di Ferrara, quartiere Barco (Istituto comprensivo “Cosmè Tura”), dove è stata studiata, e filmata da Thierry Roche (che di definisce “antropologo visivo”), una classe quinta primaria frequentata da alunni di origine tunisina, albanese, russa, oltre che da italiani.  

Il titolo del volume, L’infanzia alla scuola degli altri (Aracne editrice, Roma, 2018), tradotto dall’originale francese (2015) e curato dalla Longo, allude a questa pluralità di provenienze etniche e culturali e a come gli “altri” vedono la scuola e il gruppo che frequentano. L’approccio alla realtà descritta narrativamente e ripresa dalla telecamera è di tipo quasi etnografico, giungendo a raccontare e a mostrare le parole, gli sguardi, persino a volte i pensieri inespressi dei singoli alunni, italiani e stranieri. Il risultato di questo originale modo di rappresentare (e poi di confrontare) le due classi, quella romena e quella italiana, è quello di ricostruire le due realtà attraverso gli sguardi dei singoli alunni. Come se la realtà fosse solo quella vista dagli occhi di ciascuno, come suggerisce una frase di Proust citata dal comparatista Antonio Novòa e ripresa in apertura della sua prefazione da Donatella Palomba, direttrice della collana di Studi comparativi in educazione nella quale compare questo volume.

Certo, i due autori danno anche conto di una serie di elementi oggettivi (ambientali, storici e politico-amministrativi) che spiegano il diverso comportamento degli alunni delle due scuole: individualista e aggressivo quello che si rileva a Cirta, più controllato e cooperativo il modo di interagire dei bambini del Barco. A Cirta, nella Romania uscita dalla dittatura di Ceausescu, che aveva imposto un modello di educazione di Stato autoritaria, è più difficile controllare la tendenza delle diverse etnie a isolarsi e a competere, e questo rende faticoso e a volte vano il lavoro degli insegnanti. A Ferrara, come si osserva nella parte conclusiva del volume, il modello pedagogico seguito al Barco “è il risultato di una lunga azione politica della Regione Emilia Romagna per una scuola inclusiva, basata sull’idea che ogni soggetto che entra nella scuola ha il diritto di appartenere al suo gruppo naturale definito dall’età”.

Differenze ben spiegate in questo volume (che va letto guardando in contemporanea i film realizzati da Roche, visibili in internet) che abbina la visione “micro” dell’approccio etnografico e antropologico-visivo a quello “macro” dell’analisi politico-istituzionale.