I dati pubblicati dall’apposito servizio della CEI hanno sempre evidenziato il netto divario territoriale sulla scelta dell’insegnmento della religione cattolica (IRC).
Ancora una volta l’Italia nelle scuole statali si divide nettamente in due: il Mezzogiorno con tutte le sue regioni fa registrare complessivamente le più alte percentuali di alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, mentre tutte le altre regioni, con l’eccezione delle Marche e dell’Umbria, hanno fatto registrare nel 2014-15 percentuali sotto la media nazionale.
Era stato così anche nel 2013-14 e negli anni precedenti, quasi a rimarcare con quei valori una differenza culturale e sociale, comprensiva anche del fatto che al nord e al centro vi è presenza di alunni stranieri che professano altre religioni.
Sotto la media nazionale (87,9% di alunni avvalentesi) si trova il cattolico Veneto (84,8%); in fondo a questa specie di graduatoria nazionale la Toscana (78,8%) e l’Emilia-Romagna (79%).
In testa il Molise (96,7%), seguito dalla Campania (96,6%) e dalla Puglia e Basilicata (96,4%).
Visto in negativo, cioè considerando coloro che non si avvalgono della IRC, è stata la Lombardia a far registrare con 220.337 opzioni su 1.182.049 (18,6%) il numero più elevato di alunni non avvalentisi, seguita dall’Emilia-Romagna con 113.168 su 539.887 alunni (21%).
Un’attenzione particolare merita il settore della secondaria di II grado dove le scelte di avvalersi sono spesso, come si sa, il risultato della opzione personale degli studenti anziché quella dei loro genitori.
Ebbene, pur confermando sostanzialmente i livelli di scelta del 2013-14, è stata la Lombardia con oltre 109 mila opzioni negative a far registrare il più elevato numero di opzioni negative verso l’IRC negli istituti superiori, seguita dal Lazio (58.503), Toscana (57 mila), Piemonte (poco meno di 57 mila) ed Emilia Romagna (meno di 55 mila).
Negli istituti superiori del Sud e delle Isole il numero degli studenti della secondaria di II grado che non si avvalgono della IRC supera di poco le 74 mila unità, cioè soltanto due terzi di quelli della Lombardia.
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