
‘Lettera a una professoressa’: suggestioni pedagogiche

Lo si consideri un libro di “pedagogia” o di “sociologia dell’educazione”, oppure semplicemente un “pamphlet” destinato ad aprire la contestazione della scuola italiana, certo è che a quel testo, da oltre cinquant’anni (58 per l’esattezza), continuano a richiamarsi uomini di scuola, politici, sindacalisti, vertici delle istituzioni, giovani studenti e quanti hanno a cuore la qualità di un servizio pubblico come la scuola. Così il seme gettato quasi sessant’anni fa da questo “prete scomodo” (il termine è di De Mauro) e dai suoi ragazzi ai quali faceva la proposta di una scuola “a tempo pieno”, alternativa al lavoro precoce, lesivo dei loro diritti, si è trasmesso a noi, e mantiene intatta la sua vitalità. Quel libro dice Raffaele Iosa in un suo contributo (R. Iosa, Don Milani e le ragioni della scommessa del rimedio, in, A. lezione da Don Milani quarant’anni dopo, Dossier di Scuola-Insieme), “intercettò uno spirito dei tempi, lo elevò a pensiero grande, ma non inventò nulla che non fosse già diffuso nell’anima e nella vita di moltissimi italiani.
Non inventò nulla, ma diede parole, e frasi forti e chiare, a una sua straordinaria spinta. Quella dell’espansione della società”. In tal senso, lo studioso riconosce il valore “sociale” dello scritto milaniano, che ebbe il merito di liberare energie latenti, di rompere l’assuefazione alla passività della scuola e della società che, transitata alla democrazia, non aveva ancora trovato la forza per una riflessione sulle sue strutture politico-sociali, ancora succubi di una tradizione autoritaria, come quella che aveva caratterizzato il suo lungo passato. In particolare, aggiunge Iosa, “Lettera a una professoressa” nasceva come “…critica radicale alla prima applicazione della legge di riforma della Scuola Media del 1962 (I.n. 1959) che sembrava al prete di Barbiana e ai suoi ragazzi ancora selettiva e di classe. Critica ai metodi e ai contenuti, critica agli stili delle professoresse, appunto. E nasceva sull’idea che una scuola unica dovesse avere al centro il rimedio, come valore per tutti… Tutti allora pensavano che la scuola dovesse realizzare l’eguaglianza delle opportunità educative”.
Ma a distanza di anni, secondo Iosa, siamo ancora qui a misurarci sulla efficacia del rimedio. La domanda è ancora attuale: la scuola italiana diminuisce le disuguaglianze sociali di origine? Lo studioso nutre seri dubbi. E se è vero che, attraverso la scuola di massa, dagli anni ’70 in poi, molti figli di proletari hanno avuto accesso all’istruzione superiore ed universitaria, e che mediamente il titolo di studio conseguito dalle nuove generazioni è superiore a quello genitoriale, è altrettanto vero che ”…la stratificazione sociale degli esiti scolastici segua ancora come importantissima la condizione economica. …Insomma la scuola ha certamente rappresentato un salto di qualità sociale per molti, ma nell’insieme ha perpetuato e poco ridotto le differenze di origine. E’ più facile per i figli dei notai fare i notai, dei ginecologi fare i ginecologi, dei politici i politici.” Forse, come riconosce lo studioso, la mancata attenzione del “rimedio” va ricercata nell’aver pensato che esso “…fosse tutto interno alle didattiche, agli orari, alla professionalità dei docenti, al clima sociale delle aule”; ma tutto questo, da solo, non è bastato, perché è pur vero che l’uguaglianza richiede anche il supporto di una adeguata politica sociale del Paese, cosa che è affatto mancata!
Ed è parere di Raffaele Iosa che “…oggi nessuna riforma scolastica funzionerà, se non c’è un sistema orizzontale sociale di sviluppo della cittadinanza”. In tal senso l’eguaglianza auspicata dalla “Lettera” resta una vera sfida delle società moderne, immerse nella complessità della globalizzazione, la quale sta creando nuove disuguaglianze da cui diviene sempre più difficile evadere. Ma c’è un secondo cardine nel pensiero di Don Milan, peraltro legato al concetto di “rimedio”, ed è quello che si identifica nell’essere cittadini sovrani, non ingegneri e dottori”. Per divenire tali, diventa allora necessario attivare un pensiero educativo che si sottragga ai modelli consumistici, prevalenti nella nostra società. La scuola in questo caso dovrà essere sobria, dare alle nuove generazioni che la frequentano le cose che contano davvero nella vita, che Iosa identifica nelle seguenti: “Insegnare a pensare con la propria testa, a conoscere il bene e il male, a imparare a decidere.
Mica cose enormi, ma essenziali in un mondo di tanti Peter Pan (prima di tutti i genitori), mai adulti, ma facili cloni di una società che sembra sopravvivere solo per imitazione. Naturalmente, anche in questo caso, il rimedio non può essere solamente scolastico”. E a questo riguardo lo studioso auspica che anche nella società, oltre che nella scuola, nasca una sorta di “nausea per la vita stupida e ripetitiva”, come quella che molti di noi, alunni e adulti, conducono sedotti da un pensiero omologante. Nella “Lettera” Don Milani concretizza il suo sogno di una scuola “inclusiva”, accogliente, capace di motivare anche i più svogliati, di mettere al centro i ragazzi che fanno fatica, i potenziali esclusi, a partire dal recupero integrale e dalla valorizzazione delle loro storie e della loro cultura. Oggi sembrano ritornate di moda le analisi della sociologia dell’educazione degli anni ’70, nelle quali si denunciava l’importanza della provenienza familiare ai fini del successo scolastico e si chiedeva alla scuola di insistere soprattutto sulla consegna dei fondamentali strumenti di alfabetizzazione culturale, quelli che marcano la differenza di appartenenza e condizionano le opportunità di partecipazione consapevole al contesto civile.
La “Lettera” è, in tal senso, uno straordinario atto di denuncia e, al contempo, di fiducia nella scuola, a partire da una concreta “esperienza di selezione”, toccata a uno degli allievi della scuola popolare. Questa idea è già tutta contenuta nell’incipit del libro: “Cara Signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti! Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi, e nelle fabbriche, e ci dimenticate.” Secondo la “Lettera, il modo fondamentale con cui la scuola produce “selezione” è a livello culturale, nella sua elitaria concezione di cultura che la pervade. E ancora: “A giugno del terzo anno di Barbiana mi presentai alla licenza media come privatista. Il tema fu: Parlano le carrozze ferroviarie. A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: aver qualcosa d’importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi limiti di tempo… Ma davanti a quel tema, che me ne facevo delle regole umili e sane dell’arte di tutti i tempi? …Provai a scrivere come volete voi. Posso ben credere che non ci riuscii. Certo scorrevano meglio gli scritti dei vostri signorini, esperti nel frigger aria e nel rifriggere luoghi comuni”.
La scuola, secondo Don Milani, attuerebbe dunque una vera e propria “selezione”, anzitutto ignorando la cultura di appartenenza degli allievi e le esperienze di una buona parte di loro, chiedendo di esprimersi su argomenti formali che sono distanti dalla loro vita e svolgendo un’azione di omologazione, che diventa fattore di esclusione. In sostanza, chi possiede la cultura richiesta, così come chi si adatta, viene promosso; gli altri sono considerati non adeguati. Altro grave problema della scuola, secondo Don Milani, è quello di essere fine a se stessa, estranea alla vita reale e ai problemi dei giovani, incoraggiando una cultura fondamentalmente sterile. A Barbiana, invece, i ragazzi conoscono i problemi attuali, quelli si leggono sui giornali. Al contrario, afferma la “Lettera” nella scuola della professoressa si pensa che sul giornale non c’è nulla che serva agli esami. Perciò i ragazzi di Barbiana concludono che nella scuola della professoressa c’è ben poco che serva alla vita. E’ questa la più acuta denuncia del formalismo culturale, della sterilità, delle conoscenze trasmesse.
Ma quali sono le competenze effettivamente riconosciute nella scuola pubblica? L’esempio addotto dalla “Lettera” è veramente illuminante: “Agli esami di ginnastica il professore ci buttò un pallone e ci disse: Giocate a pallacanestro. Noi non si sapeva. Il professore ci guardò con disprezzo… L’abilità in un rito convenzionale gli pareva importante. Disse al Preside che non avevamo educazione fisica e voleva rimandarci a settembre…” . Don Milani sottolinea così che la scuola è distante dalla vita e dai problemi reali; non solo trasmette conoscenze sterili e sviluppa competenze formali che rischiano di essere inutili, ma non ascolta neppure le esperienze dei ragazzi, ne ignora la cultura di provenienza, non valorizza le competenze e le capacità di cui ognuno è portatore. E quando i ragazzi non si sentono accolti, ascoltati, valorizzati, quando nutrono l’impressione di essere valorizzati, possono produrre dei meccanismi di difesa che si manifestano come disinteresse, demotivazione, apatia. E se è vero che la scuola non può rinunciare alla consegna di alcuni strumenti essenziali per l’educazione della persona e l’esercizio della cittadinanza, è altrettanto vero che essa non può ignorare quella diversità che costituisce l’originalità personale di ognuno, che va accolta e promossa. La “Lettera” si fa particolarmente eloquente nella denuncia là dove afferma: “La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde. La vostra scuola dell’obbligo ne perde per strada 462.000 all’anno. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da vicino. “Così rispetto al problema della cosiddetta “dispersione scolastica”, Don Milani imputa alla scuola una sorta di disinteresse per i ragazzi più deboli, per i quali la scuola potrebbe fare la differenza e costituire l’unica difesa. E di fronte ai dati che testimoniano che la selezione colpisce soprattutto tra i figli delle famiglie più povere economicamente e socio-culturalmente, Don Milani denuncia un’inaccettabile ”chiamarsi fuori”: se la selezione colpisce soprattutto i bisognosi di scuola e promuove i ragazzi che potrebbero farne a meno, ciò significa che l’istituzione scolastica rischia di diventare un apparato ideologico, solo capace di legittimare una certa gerarchia sociale.
In conclusione nella “Lettera” Don Milani proponeva tre riforme:
1. Eliminare il sistema delle bocciature;
2. introdurre il tempo pieno per tutti coloro che, a motivo della loro condizione di origine, denunciassero una qualche difficoltà nello stare a passo con gli altri;
3. motivare gli svogliati con uno scopo.
Negli anni le nostre istituzioni scolastiche, anche sulla base degli stimoli milaniani, hanno conosciuto l’adozione, sia pure parziale di certi principi perché in fondo Don Milani sosteneva il valore pieno della scuola e la necessità della presenza attiva del maestro. In realtà il Priore rivendicava la legittimità del rapporto educativo in quanto egli non riusciva a concepire altra crescita del soggetto se non per il tramite e in vista di nuove e più ricche forme di solidarietà. E’ questa una delle ragioni per cui Don Milani volle che la “Lettera” risultasse un prodotto di équipe, il frutto della Scuola di Barbiana. La preoccupazione prima del Priore era il fatto che il libro fosse leggibile a tutti, anche coloro che avevano fatto solo la quinta elementare.
Per questo la “Lettera” era rivolta ai poveri, che sempre aveva prediletto, e doveva essere scritta per loro. Ma il libro, pur essendo l’ennesima espressione del principio di solidarietà, cui Don Milani guardava, “… aveva soprattutto lo scopo di criticare il sistema scolastico, di suscitare turbamenti, discussioni e riflessioni, di scuotere gli animi. Per questo rimase uno scritto fondamentalmente “suo”, anzi tanto più suo quanto più espressione condivisa e collaborativa di quella cosa totalmente “sua” che era la scuola.”
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via