Le 24 ore e la guerra del tempo pieno

Una preferenza non molto elevata da parte delle famiglie per le 24 ore era prevedibile. Questa opzione infatti sconta oggettivamente, rispetto alle abitudini delle famiglie italiane, due grossi ostacoli che forse a suo tempo non sono stati adeguatamente considerati: è ormai consolidata tra i genitori della scuola primaria l’idea di un tempo scuola medio lungo (gli alunni in classi a 30 o a 40 ore sono circa il 93-94% del totale). Accontentarsi, quindi, solamente di un tempo scuola breve, di 24 ore settimanali, non sarà facile, perché cambierebbe l’organizzazione familiare di tanti.

Allo stesso modo, da quasi vent’anni, sono più docenti a condurre la classe e ad essere punto di riferimento per alunni e genitori; riconvertirsi immediatamente all’idea che tutto o quasi sia affidato ad un solo docente non sarà facile o, quanto meno, ci vorrà tempo per abituarsi.

Un altro impatto sicuramente l’avrà avuto la battaglia scatenata sul tempo pieno, sulla richiesta di tempo pieno sempre e dovunque. E’ la battaglia più aspra, quella simbolicamente più coinvolgente e capace di creare solidarietà tra le esigenze dei genitori e quelle degli insegnanti, soprattutto di quelli a rischio di perdere il posto. Una battaglia politico-sindacale del tutto legittima, naturalmente, ma che rischia di creare una situazione di confusione e malcontento nelle scuole.

Se l’opzione delle 24 ore nel prossimo anno non sarà molto diffusa, altrettanto non si può dire per il modello del maestro di riferimento, che sostituirà – per le prime classi – l’attuale modello modulare. “Voglio ricordare – ha dichiarato la Gelmini – che tutti i modelli orari (24, 27, 30 ore) prevedono il maestro unico di riferimento e non solo quello a 24 ore come qualcuno sostiene in maniera imprecisa. Il maestro unico di riferimento sarà una figura indispensabile per la formazione del bambino così come accade in tutti i paesi europei“.