L’autovalutazione come processo organizzativo nella scuola – SPECIALE di Tuttoscuola

di Dina Guglielmi, Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Questo intervento intende focalizzarsi sull’autovalutazione come uno degli strumenti con cui la scuola apprende e migliora anche grazie al processo organizzativo sottostante. In questa direzione è necessario recuperare la prospettiva della scuola come organizzazione che apprende, organizzazione che incoraggia e consente agli insegnanti e ai dirigenti scolastici di migliorare sia le loro pratiche pedagogiche e organizzative che le loro conoscenze e competenze sui contenuti. La scuola che apprende non è una scuola isolata o autoreferenziale, ma una scuola inserita in una rete di altre scuole e nel territorio, è una scuola che lavora sulla co-costruzione del progresso educativo, attraverso la rete con altri stakeholder e attraverso l’autoriflessione su dati e risultati disponibili. Secondo l’ET2020 Working Group Schools (2020), infatti, perché il processo di autovalutazione sia efficace e utile al miglioramento della scuola, deve essere considerata una responsabilità di tutti i membri della comunità scolastica, che vengono coinvolti nella valutazione e si sentono dunque maggiormente empowered.

Leggi lo speciale “Il punto sulla valutazione delle scuole in Italia” pubblicato integralmente nel numero 623 di Tuttoscuola

Sono ovviamente molti i nessi tra scuola che apprende, processo di autovalutazione e miglioramento continuo. A titolo esemplificativo possiamo riprendere i punti proposti da Reierson e Becker (2021) che, riprendendo quanto elaborato da Robinson et al. (2017), definiscono un framework teorico per il miglioramento coerente della scuola attraverso 5 domini di attività organizzative:

  • Direction setting: capire il contesto e porre chiari obiettivi.
  • Organizzare per risultati: utilizzare un linguaggio coerente, chiarendo i ruoli e le aspettative legati a ognuno di essi, assicurandosi che tutti gli stakeholders abbiano chiari gli obiettivi e come verranno misurati i risultati.
  • Formazione professionale degli insegnanti: comunicare chiaramente agli insegnanti le intenzioni per la formazione.
  • Cultura degli insegnanti: sviluppata tramite il superamento degli ostacoli che emergono con la collaborazione tra docenti nell’implementazione delle diverse metodologie didattiche.
  • Leadership strategica: creare condizioni che permettano di raggiungere obiettivi, includendo flessibilità per gli imprevisti che possono emergere.

Da un punto di vista teorico i nessi tra questa prospettiva e l’autovalutazione nella scuola sono evidenti: nella pratica invece il presidio di alcuni aspetti del processo (ad esempio chiarezza e condivisione obiettivi) è piuttosto carente.

Per approfondire e capire come accompagnare le scuole nel ridurre da un lato il gap tra obiettivi e disegno organizzativo sottostante, dall’altro il gap tra Rapporto di Autovalutazione (RAV), Piano di Miglioramento (PdM) e il loro concreto sviluppo dentro le scuole è stato impostato un lavoro di ricerca realizzato dal gruppo di ricerca di Psicologia del Lavoro e di Pedagogia del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna in collaborazione con l’USR dell’Emilia Romagna dal titolo “Punti di forza, criticità, opportunità di miglioramento del processo di autovalutazione in Emilia-Romagna”. Tale studio ha avuto l’obiettivo di analizzare: a) il processo di Autovalutazione nelle scuole emiliano-romagnole per individuare modalità di applicazione efficaci; b) il processo di identificazione e di scelta delle priorità e degli obiettivi di processo nel RAV, per la successiva definizione del PdM. L’indagine ha previsto un’analisi testuale dei 636 Rapporti di Autovalutazione elaborati nelle scuole dell’Emilia-Romagna, un approfondimento sui Nuclei interni di Valutazione di 8 istituti scolastici (analisi SWOT – Strenghts, Weakenesses, Opportunities e Threats) e su un intero Collegio Docenti (questionario, N = 73 insegnanti).

Si riportano di seguito alcuni dei risultati dell’analisi SWOT, all’analisi testuale relativa alla scelta delle priorità e alcune conclusioni dello studio.

Analisi SWOT

L’obiettivo primario dell’analisi SWOT è quello di identificare i Punti di Forza e di Debolezza del processo di autovalutazione e le Opportunità e le Minacce derivanti dall’ambiente circostante. Tale identificazione dovrebbe portare a sviluppare strategie capaci di fare leva sui Punti di Forza, eliminare le Debolezze, sfruttare le Opportunità e contrastare le Minacce. In questo progetto l’applicazione della SWOT è stata utilizzata con una metodologia riconducibile ai mixed-methods, nello specifico i dati quantitativi sono stati utilizzati per validare e spiegare i risultati derivati dai dati qualitativi (Creswell & Plano Clark, 2011). È stato applicato un disegno esplorativo sequenziale (qualitativo-quantitativo) in cui la raccolta dei dati qualitativi mediante focus group (fase qualitativa) ha guidato lo sviluppo di item utilizzati nella fase successiva di valutazione (fase quantitativa).

Di seguito una breve sintesi dei risultati.

  • Punti di forza. Gli insegnanti giudicano in maniera particolarmente positiva il fatto che la compilazione del RAV comporti un impegno concreto nell’attuazione del Piano di Miglioramento definito e il fatto che richieda agli Istituti di elaborare punti di vista comuni a ordini di studio che solitamente condividono in misura limitata le proprie esperienze, gli obiettivi e i punti di vista.
  • Punti di Debolezza. Tra gli elementi più critici sono emersi i tempi concessi per la compilazione del Rapporto e la difficoltà, da parte degli Istituti, nel fornire dati di cui non dispongono.
  • Opportunità. Tra le principali opportunità è emersa la percezione di positività del confronto tra gli insegnanti non solo in occasione della compilazione del RAV, ma più in generale come prassi che possa essere portata avanti nel tempo. Viene inoltre valutata maggiormente positiva l’Opportunità di confronto all’interno del singolo Istituto Scolastico anziché la possibilità di attuare un confronto inter-scuola anche attraverso l’utilizzo di dati oggettivi.
  • Minacce. Emerge come particolarmente dannosa la possibilità che i risultati nelle prove standardizzate nazionali vengano erroneamente interpretati dall’esterno come una valutazione del successo della scuola specifica, nonché il fatto che essi vengano decontestualizzati rispetto ad aspetti cruciali quali l’ambiente nel quale la scuola opera e il suo bacino di utenza. Inoltre, i partecipanti hanno individuato come una minaccia il fatto che il Piano di miglioramento debba essere definito ex ante senza aver chiare le risorse disponibili poiché potenzialmente legato al mancato conseguimento dei fini proposti.

Il questionario sviluppato sulla base dei dati emersi dall’analisi SWOT è stato in seguito somministrato a tutti gli insegnanti di una scuola durante il Collegio Docenti dopo avere spiegato le finalità della ricerca. I risultati fanno emergere una differenza molto marcata tra i punti di vista degli insegnanti che fanno parte dei NdV e quelli non coinvolti nel processo di autovalutazione. Rispetto a quest’ultimo gruppo, infatti, i membri del Nucleo di Valutazione hanno considerato come maggiormente positivi i Punti di Forza e le Opportunità ed hanno considerato meno rilevanti i Punti di Debolezza e le Minacce legati al processo di autovalutazione. La percezione di implicazioni negative che il processo di autovalutazione comporta sembra scaturire da una notevole disparità nel grado di conoscenza dell’autovalutazione e dello strumento RAV tra chi ha contribuito ad essi in prima persona, e dunque lo conosce meglio, e chi ne ha conosciuto soltanto i prodotti finali.

La scelta delle priorità

Per fornire ulteriore sostegno ai dati già raccolti mediante l’analisi SWOT del grado di collegialità dei processi che hanno luogo nella scuola e del focus group, si è deciso di condurre un’analisi lessicometrica sulla giustificazione alla scelta delle Priorità riportata nella Sezione 5 del RAV (BOX “Motivare la scelta delle priorità sulla base dei risultati dell’autovalutazione”) . Per fare ciò si è deciso di selezionare tutte le scuole dell’Emilia Romagna che hanno compilato il Rapporto (N = 638) e di dividerle in base all’appartenenza al primo ciclo di studi (Scuole Primarie, Scuole Secondarie di primo grado e Istituti Comprensivi) e al secondo ciclo di studi (Scuole Secondarie di secondo grado).

I gruppi così identificati sono stati ulteriormente divisi andando a creare 8 database: uno del primo ciclo ed uno del secondo per ognuna delle quattro Priorità che potevano essere selezionate nella Sezione 5 del RAV (Competenze chiave e di cittadinanza, Risultati a distanza, Risultati nelle prove standardizzate nazionali, Risultati scolastici).

A titolo esemplificativo riportiamo qui alcuni dati relativi alla priorità Risultati scolastici.

I termini “scuola”, “risultati”, “studenti” e “classi” appaiono come quelli più frequentemente citati in linea con quanto ci si può aspettare nell’analisi del testo atto a giustificare la scelta delle priorità incentrata sull’incremento dei risultati degli studenti nei diversi cicli formativi. In questo senso, i termini “miglioramento”, “maggiore”, “potenziamento” e “migliorare” rimandano a porzioni di testo in cui viene ribadita l’intenzione di migliorare i livelli raggiunti da tutti gli alunni, in particolare di quanti si collocano in una fascia di valutazione bassa o addirittura insufficiente. È da notare come assume un ruolo consistente il termine “matematica”, che viene spesso citato quale ambito disciplinare carente, dunque sul quale incentrare un’azione di miglioramento delle valutazioni conseguite dagli alunni. Più limitate le ricorrenze delle parole “italiano”, perché il miglioramento dei risultati scolastici tra gli studenti del primo ciclo più raramente ha bisogno di intervenire in questo ambito di insegnamento. Questo dato è in parte comune anche alle scuole del secondo ciclo dove si ha nuovamente un rilievo evidente del termine “matematica”, che risulta essere un ambito disciplinare caratterizzato da criticità anche in questo ordine di studi, ma scompare il riferimento all’italiano. I termini “variabilità” e “varianza” sono indicati più volte nel testo, soprattutto relativo al primo ciclo di studi, laddove le scuole dichiarano l’intenzione di agire riducendo la variabilità dei risultati intra- ed inter-classe, nonché tra plessi diversi che costituiscono lo stesso Istituto Comprensivo. Nelle scuole del primo ciclo che hanno scelto i risultati scolastici per la prima volta compare il termine “stranieri”, spesso citata nel giustificare la scelta dei risultati scolastici come necessità di alfabetizzazione degli stranieri (soprattutto di prima generazione) e/o di miglioramento delle valutazioni di questi alunni che molto spesso si collocano nella fascia di voto più bassa. Nel secondo ciclo di studi è particolarmente evidente e centrale il termine “biennio”: effettivamente una lettura nel dettaglio dei testi rivela che l’intenzione di migliorare il rendimento scolastico si concentra proprio su questa prima fase della Scuola Secondaria, laddove risulta essere più consistente l’incidenza delle richieste di trasferimento ad altri istituti e la dispersione scolastica.

Si tratta di un breve estratto dei dati ma che riteniamo sufficiente per segnalare come il RAV con lo sforzo, le difficoltà, gli spazi di miglioramento, di comprensione e soprattutto di condivisione della sua prima applicazione ha comunque permesso l’innescarsi di un processo che partendo dall’analisi dell’esistente e sulla base di dati relativi alla scuola porti a un Piano di Miglioramento per l’organizzazione e per gli studenti. In assenza di un processo in parte standardizzato e definito dal Ministero il rischio è che questo processo sia lasciato, come altri comportamenti virtuosi dentro la scuola, all’impegno e alla volontà individuale o quantomeno alle competenze dei singoli dirigenti scolastici e dello staff che lo coadiuvano.

La consistente mole di dati analizzati di cui qui abbiamo riportato solo alcuni estratti ha fatto emergere con chiarezza lo sforzo e le difficoltà incontrate nell’implementazione del processo, ma anche il cambiamento culturale e di prospettiva necessario a trasformare l’autovalutazione in una delle prassi della scuola. Nello specifico, richiamiamo qui alcuni punti di attenzione emersi dalla ricerca, che possono essere di aiuto per lo sviluppo futuro del processo:

  1. Opportunità di inserimento del RAV nel normale funzionamento della scuola (e non come elemento sovrapposto) per facilitare il processo di cambiamento sottostante la logica del miglioramento continuo. Questo potrebbe permettere di raggiungere una duplice finalità: favorire la condivisione e la consapevolezza del processo di autovalutazione a tutti i livelli che i dati hanno dimostrato ampiamente essere mancato, ma anche “forzare” l’impegno nel processo di autovalutazione
  2. Necessità di mettere a punto processi decisionali supportati da analisi (anche agili e sommarie) di tipo empirico (per evitare le scorciatoie decisionali non supportate dai dati);
  3. Necessità di fondare la programmazione su priorità tra gli obiettivi da perseguire (e non solo sulla fattibilità, ovvero la scelta di obiettivi meno ambiziosi per aumentare la probabilità di riuscita);
  4. Opportunità di procurarsi informazioni relative alla efficacia e alla efficienza della scuola (l’assenza di informazione sull’esito delle proprie azioni rinforza la scelta di obiettivi collegati a risultati a breve termine).

Se in prima applicazione ci sono state criticità (ad esempio una mancanza di riscontri del processo all’interno del PTOF), ora l’interrogativo importante è capire verso quale direzione si evolverà l’autovalutazione all’interno delle scuole. Siamo lontani dal poter pensare a una sua integrazione funzionale dentro i processi collegiali e organizzativi della scuola e in molti casi siamo lontani anche dalla diffusione di pratiche di autovalutazione e miglioramento delle scuole in termini di efficacia pedagogico-didattica e di crescita della professionalità educativa. Saranno quindi necessarie spinte “gentili”, se non si vuole perdere questo strumento per il miglioramento della scuola.

Le premesse teoriche citate in precedenza, i risultati dell’indagine brevemente sintetizzata, l’analisi di quanto avviene negli altri paesi (European Commission, 2020) ci portano ad alcune riflessioni su come rilanciare l’autovalutazione per favorire la “ripresa e resilienza” anche all’interno della scuola, dopo due anni dove l’emergenza Covid è stata dominante e non ha lasciato spazio (né risorse – cognitive ed emotive) per altro.

In sintesi:

  1. Generare il bisogno di autoriflessione per il miglioramento. Dopo due anni di pandemia, la compilazione del RAV, considerata la lunghezza, la presenza di indicatori percepiti come non utili, l’impossibilità percepita di potere realmente intervenire su alcuni obiettivi, rischia di vedere accantonato per sempre questo utile strumento per il miglioramento delle scuole (o nella migliore delle ipotesi ridurlo a mero adempimento che interessa DS e pochi insegnanti coinvolti). Come generare questo bisogno è una sfida, ma se si ritiene che l’autovalutazione sia uno strumento efficace, il sistema va incoraggiato a pensare l’autovalutazione come il modo “naturale” di funzionare. Sicuramente spinte di tipo normativo e formazione sul tema (per aumentare consapevolezza da un lato e competenze pratiche dall’altro) potrebbero essere un avvio: tuttavia, sino a che autovalutarsi sarà percepito come un atto imposto (ad esempio dalla normativa) o eticamente giusto (una sorta di “dover essere”), toglieremo alla scuola la percezione che autovalutarsi sia vantaggioso per i diversi attori organizzativi, perché fa aumentare la possibilità di esercitare un controllo autonomo sui propri comportamenti. Se mi autovaluto, sono spinto a darmi gli obiettivi (invece che farmeli attribuire) e tolgo dalla valutazione la componente “giudizio” (che non piace a nessuno).
  2. Sperimentazioni per la messa a punto di strumenti agili e percepiti come utili, costruiti con percorsi di ricerca-formazione con il coinvolgimento delle scuole. Molto materiale scientifico è stato prodotto in questi anni (focalizzato sul miglioramento delle scuole, con molti dati e informazioni relative al processo di autovalutazione ed agli elementi che possono favorire la progettazione di piani di miglioramento efficaci) ma spesso di carattere internazionale con un necessario bisogno di contestualizzazione e di traduzione operativa.
  3. Bisogno di buone pratiche e cultura sia da esperienze italiane che internazionali. Supportare il processo di autovalutazione con la condivisione di buone pratiche e linee guida, che possano orientare le scuole nella scelta delle metodologie per la valutazione e nell’individuazione degli elementi da migliorare emersi dal processo. A tal fine, il National College for School Leadership (MacBeath, 2012), ha pubblicato già una decina di anni fa un manuale sull’autovalutazione, che include nozioni metodologiche (tra cui i principi, limiti e procedimenti alla base della valutazione), esempi di pratiche e strumenti utili per l’autovalutazione ed esercizi per stimolare la riflessione dei dirigenti sulle pratiche in atto nelle loro scuole ed eventuali miglioramenti.
  4. Importanza di un coinvolgimento plurale. Uno dei risultati principali della ricerca in Emilia-Romagna citata in precedenza è l’importanza ma anche la criticità di coinvolgere tutto il personale della scuola nel processo di autovalutazione (una percentuale importante degli intervistati non era a conoscenza dei contenuti). Ci troviamo quindi di fronte a un gap importante. Una situazione italiana dove la padronanza sul processo e sui risultati è circoscritta a un ristretto numero di persone all’interno della scuola (il Nucleo di Valutazione che ci ha lavorato e il DS) e prassi che indicano la necessità di coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti nel sistema scolastico (non solo il dirigente, gli insegnanti e il resto del personale scolastico, ma anche gli studenti e le loro famiglie). Diverse ricerche svolte in paesi europei si sono focalizzate sul coinvolgimento di tutti questi stakeholders nel processo di autovalutazione. L’ET2020 Working Group Schools (2020) ha elaborato un report contenente i risultati di diverse ricerche ed esempi di policy rilevanti per l’istruzione ed il miglioramento delle scuole di diversi paesi europei con il fine di informare le decisioni future dei policy makers in relazione al processo di autovalutazione. In Irlanda, ad esempio, molta attenzione è stata dedicata all’inclusione della prospettiva degli studenti. Al riguardo, diverse ricerche (es. O’Brien et al., 2022) hanno permesso anche di individuare le difficoltà che possono emergere coinvolgendo gli studenti nel processo di autovalutazione e le modalità per il loro superamento, indagando i metodi adottati da diverse scuole (come ad esempio la creazione di un gruppo di autovalutazione composto da studenti e insegnanti). In sostanza, coinvolgere altri non è mai a costo zero, ma – come tutti gli investimenti – ciò che oggi è un costo si trasforma domani in un esito vantaggioso. E, quando i vantaggi diventano visibili ai diversi attori, diviene meno necessario motivare, convincere, persuadere a impegnarsi nell’autovalutazione.

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Riferimenti bibliografici

European Commission, Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture (2020). Supporting school self-evaluation and development through quality assurance policies: key considerations for policy-makers. Report by ET2020 Working Group Schools, Publications Office. https://data.europa.eu/doi/10.2766/02550

MacBeath, J. E. C. (2012) Self-evaluation: a guide for school leaders. National College for School Leadership. https://dera.ioe.ac.uk//5951/

O’Brien, S., McNamara, G., O’Hara, J., Brown, M., & Skerritt, C. (2021). Students as co-researchers in a school self-evaluation process. Improving Schools, 25(1) 83–96.

Reierson, C. A., & Becker, S. R. (2021). Coherent school improvement: Integrating outcomes-based assessment and trauma-informed practice. Improving Schools, 24(2), 124-136.

Robinson, V., Bendikson, L., McNaughton, S., Wilson, A., & Zhu, T. (2017). Joining the dots: The challenge of creating coherent school improvement. Teachers College Record, 119, 1–44.

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