‘Larghe intese’ alla prova finale

L’ultima settimana ha visto un’accelerazione dello scontro politico non tanto all’interno del governo (almeno fino alla clamorose dimissioni dei ministri Pdl) quanto tra le due principali forze politiche che lo sostengono.

Viene meno in questo modo il delicato equilibrio – una sorta di concordia discors – sulla quale si sono retti, con la regia del presidente Napolitano, non solo il governo Letta ma anche il precedente, presieduto da Mario Monti.

Per quasi due anni (dal novembre 2011), e in due legislature diverse, si è tentato di tradurre in italiano la formula tedesca della ‘grande coalizione’, dopo che quella dell’alternanza bipolare, inaugurata nel 1994, aveva mostrato i suoi limiti, dovuti anche alla autoreferenzialità dei due schieramenti (entrambi condizionati dalle loro minoranze interne) e alla mancata condivisione di alcuni principi e regole del gioco: quelle che consentono ai sistemi bipolari di assumere decisioni bipartisan su materie di rilevanza strategica, come è successo più volte negli USA per la politica scolastica.

Il presidente Napolitano, il cui ruolo è stato determinante per la formazione degli ultimi due governi, ha più volte sostenuto con forza la tesi che la crisi attraversata dal nostro Paese sia così grave da poter essere affrontata solo in uno spirito di collaborazione e di forte coesione nazionale. Che abbia ragione lo sanno tutti (tranne i ‘grillini’, e non tutti, e la Lega), ma la corsa verso la rissa (preelettorale?) sembra inarrestabile, e gravemente sottovalutato il rischio che dallo scontro non uscirebbe un vincitore, ma soltanto sconfitti e macerie.