
LABC della scuola
C’era una volta il CAF, una sigla che stava ad indicare i leader delle principali forze che sostenevano i governi di centro-sinistra nell’ultima fase della prima Repubblica (Craxi, Andreotti, Forlani). Adesso, dopo la lunga stagione del bipolarismo e dei capi monocratici alla guida di coalizioni contrapposte (Berlusconi, ma anche Prodi), si torna con l’ABC (Alfano, Bersani, Casini) a maggioranze politiche formate da partiti in precedenza attestati su posizioni antitetiche, o al governo o all’opposizione.
Questo nuovo equilibrio politico è destinato necessariamente a riflettersi anche sulla politica scolastica con effetti di tregua tra le due principali forze che sostengono il governo Monti. Il Pdl e il Pd sanno di non poter rischiare lo scontro rimettendo in discussione materie ‘sensibili’ che in passato li hanno visti schierati su opposte barricate (esempi: il ‘maestro unico’, i voti nel primo ciclo, l’integrazione degli alunni stranieri, ma anche i megatagli al bilancio dell’istruzione, la riforma dell’università o il finanziamento delle scuole private paritarie, e perfino la valutazione delle scuole e degli insegnanti).
Di ciò sembra perfettamente consapevole il ministro Profumo, che infatti non perde occasione per ribadire la sua linea continuista-minimalista per quanto riguarda le riforme (il compito al quale dice di sentirsi chiamato è quello di ‘oliare’ e razionalizzare la macchina dell’istruzione in modo da aumentarne l’efficienza, non di cambiarla). Qualche prova di questa linea si comincia a vedere: le voci su una eventuale riduzione della durata della scuola da 13 a 12 anni sono state immediatamente smentite; il progetto ‘Vales’, varato la scorsa settimana, è un cautissimo progetto sperimentale di durata triennale che riguarda il 3% delle istituzioni scolastiche e dei dirigenti scolastici, individuati su base volontaria (e poi si vedrà…); l’implementazione della riforma universitaria procede senza scosse.
Le priorità del governo ABC per la scuola sembrano per ora altre: le ricadute scolastiche dell’agenda digitale (nuovi media, e-government, open data, social innovation, campi per i quali ha selezionato sei giovani consulenti freschi di dottorato di ricerca), la gestione efficiente dei fondi comunitari, un rapporto più sinergico tra scuola, università e imprese innovative.
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