La spensierata via finlandese del M5S

Come affrontare e risolvere i tanti problemi che affliggono la scuola italiana? Semplice, secondo il drappello di quattro parlamentari del Movimento 5 Stelle, capitanato dal deputato Luigi Gallo, che si è recato nei giorni scorsi in Finlandia per studiare le ragioni del successo del suo sistema scolastico, riconosciuto a livello internazionale: basta importarne in Italia le principali caratteristiche, che sono “la ‘vera’ gratuità dell’istruzione obbligatoria, l’ascolto del mondo della scuola in tema di riforme e la creazione di un’equipe di esperti a supporto degli istituti”, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa.

Si tratta, a loro avviso, di sfide che “l’eccellente” sistema scolastico finlandese ha vinto a differenza di quello italiano, “costantemente relegato agli ultimi posti della classifica Ocse”.

Tra le misure indicate come positive viene indicato il fatto che “in Finlandia è stata creata una rete di almeno 200 scuole che studia ed elabora le future riforme a cadenza decennale e che i governi poi traducono in atti concreti”, mentre sul sostegno a docenti e studenti, “in Finlandia esiste una task force di pedagogisti, psicologi, professionisti dei servizi sociali e dell’orientamento, ricercatori che va nelle scuole per intervenire su casi specifici, per innovare la didattica e per la formazione”. Una struttura, fanno sapere i parlamentari, prevista anche all’interno di una proposta di legge predisposta dal M5S.

È realistico quanto propone il M5S? Si possono importare nella scuola italiana queste caratteristiche di quella finlandese (ma la stessa domanda occorrerebbe farsela se il modello fosse quello coreano, o altro)?

Bisogna dire che se c’è una convinzione condivisa da tutti i più autorevoli studiosi di educazione comparata è che queste operazioni di trapianto (‘transfer’) tra sistemi educativi sono complicatissime, e obbediscono in genere a logiche di tipo politico-propagandistico che ignorano la complessità e il peso delle variabili storico-culturali proprie dei sistemi che si vorrebbero modificare. Basti ricordare che il modello decentrato e bottom-up della scuola finlandese non prevede standard nazionali né test né ispezioni, che in essa non esistono addetti alla pulizia delle aule perché questo compito viene svolto dagli stessi studenti insieme ai loro insegnanti, e che la scuola di base unica dura dai 7 ai 16 anni (il che contribuisce a spiegare i successi dei quindicenni finlandesi nelle indagini PISA). 

Esperti di tutto il mondo studiano da tempo il modello finlandese, ma per capirlo, non per copiarlo. La sfida da porsi è quella di far tesoro – come fanno ad esempio coloro che da tutto il mondo vengono a studiare le scuole dell’infanzia di Reggio Emilia – delle migliori soluzioni adottate negli altri paesi (non solo in Finlandia) e rielaborarle nel contesto socio-culturale e pedagogico italiano, valutandone l’applicabilità. E avendo il coraggio di superare i tabù, soprattutto organizzativi, che imprigionano come una camicia di forza la nostra scuola.

Bene hanno fatto i deputati pentastellati a sentire l’esigenza di studiare da vicino altri modelli (e non basterà una trasferta di pochi giorni), se tradurranno quanto studiato in proposte in grado di vincere questa sfida.