La scuola italiana è un moltiplicatore di diseguaglianze e non un ascensore sociale

In questa email, che volentieri pubblichiamo, Maurizio Parodi torna sul tema già in altre sedi sviluppato della riduzione dei compiti per casa.

Invitiamo altri lettori interessati a intervenire sul tema, o a offrire nuovi spunti di dibattito, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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Impari chi “può”

“Alla scuola spettano alcune finalità specifiche: offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base; far sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni; promuovere negli studenti la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da bussola negli itinerari personali; favorire l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando la propria didattica alla costruzione di saperi a partire da concreti bisogni formativi.”

In sintesi: è necessario imparare, ma è fondamentale imparare a imparare; così recitano le Indicazioni nazionali…

E la scuola cosa fa?

Gli insegnanti danno i compiti a casa, perché gli studenti imparino (memorizzando le nozioni), e imparino a imparare, acquisiscano, cioè, un “metodo di studio”.

Gli insegnanti spiegano e gli alunni studiano. In altre parole: a scuola si insegna e si impara a casa.

Uno stupefacente paradosso. Se davvero la capacità d’imparare è per gli individui la risorsa più preziosa, allora la scuola dovrebbe considerarla una priorità istituzionale, dovrebbe collocarla al centro della propria riflessione pedagogica, dovrebbe concentrare su di essa il massimo impegno, dispiegare tutti i mezzi disponibili e profondere le migliori energie (innanzitutto professionali), dovrebbe farne il cuore della propria mission. Invece, a scuola si insegna e si impara a casa; o meglio, impara (a imparare) chi è avvantaggiato economicamente. Gli altri si “perdono”.

Perché stupirci (mentre l’indignazione è d’obbligo) se siamo ultimi in Europa per capacità di compensare le diseguaglianze culturali tra ricchi e poveri. Facciamo peggio di Romania, Bulgaria e Ungheria… Per gli studenti svantaggiati, la scuola italiana è un moltiplicatore di diseguaglianze e non un ascensore sociale.

Maurizio Parodi