La scuola dimenticata
Da diversi anni a questa parte la scuola dell’infanzia è sempre più la cenerentola del nostro sistema di istruzione: un settore dimenticato che non ha mai avuto l’onore negli anni ’90 di passare da Servizio a Direzione Generale, per essere poi relegata da ormai sette anni a semplice ufficio all’interno della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici.
Non è questione di destra o di sinistra: nella cultura comune questo settore scolastico fatica a scrollarsi di dosso l’idea di “asilo“, di servizio assistenziale piuttosto che educativo-scolastico o di preistruzione. Eppure non si tratta di un settore di scarsa importanza, se è vero che la scuola dell’infanzia nel suo complesso accoglie attualmente più di un milione e 600 mila bambini (60% in scuole statali), cioè un milione in meno degli alunni accolti nella scuola primaria-elementare.
Nei programmi elettorali di Governo, quando si parla della scuola dell’infanzia, si dichiara sempre solennemente che si vuole la sua generalizzazione, cioè un non meglio inteso obiettivo che sembra prefigurare una “scolarizzazione” di massa che in sostanza già c’è con l’attuale iscrizione alle varie tipologie di scuole (statale, comunale e paritaria) di circa il 97% dei bambini in età 3-5 anni.
Di scuola dell’infanzia e della sua generalizzazione si parla anche in questi giorni a proposito delle sezioni primavera, ma, ancora una volta, si ha l’impressione che tutto il dibattito che l’accompagna sia ristretto ai soli addetti del settore, sindacati compresi.
Una prova di questo viene anche dallo stesso recente atto di indirizzo del ministro Fioroni per l’azione amministrativa del 2008: di generalizzazione della scuola dell’infanzia non vi è cenno; della stessa scuola dell’infanzia si parla di passaggio solo perché compresa nella definizione delle nuove Indicazioni nazionali.
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