La scuola del futuro

*Di Teresa Madeo

La scuola è un luogo dove la materia e il tempo devono essere parte fondanti un unico progetto. Chiedersi quale sarà il futuro della scuola non è lo stesso di chiedersi come sarà la scuola del futuro. Quando si pensa al futuro si fanno previsioni, pronostici, diagnosi, si delineano scenari, tutte operazioni che testimoniano la volontà e la necessità di “anticipare” per pensare a strategie di intervento, a possibili cambiamenti migliorativi, anche per prevenire peggioramenti.

Certo proprio la prevenzione è al centro del dibattito scientifico, tecnico e politico: le vicende legate alla pandemia hanno contribuito e contribuiscono a portare in evidenza i limiti e i problemi del sistema scolastico all’interno del sistema-Paese. Per affrontare questa situazione di grave difficoltà, non bastano aggiustamenti, serve pensare a un modello di scuola strutturalmente diverso, perché diversi sono i problemi che la società si trova ad affrontare oggi. 

Il problema non è se prediligere lezioni in presenza e/o a distanza, ma quando sia possibile optare per l’una modalità o per l’altra in una visione integrata che tenga conto dell’incidenza sull’apprendimento e della complessità delle situazioni e delle interrelazioni esistenti tra i diversi settori della realtà. “Scaglionare” gli orari dell’ingresso a scuola, non significa solo incidere sul numero complessivo degli studenti che si muovono contemporaneamente sui mezzi di trasporto o che sostano nei bar o ai cancelli delle scuole in attesa di entrare. Lo abbiamo verificato in questo mese e mezzo. Scaglionare le classi che accedono alle lezioni in presenza secondo una calendarizzazione settimanale o giornaliera, sarebbe altra cosa sul versante logistico-organizzativo. L’alternarsi di lezioni in presenza e a distanza, sul versante educativo e didattico, richiede una diversa gestione e pianificazione della progettazione e della realizzazione degli insegnamenti disciplinari, un’attenta valutazione degli apprendimenti, intesa anche come retroazione sull’insegnamento oltre che rispetto ai risultati attesi, un’analisi e utilizzo mirato delle diverse potenzialità delle tecnologie e dell’interazione in presenza.

Non ho grandi simpatie per l’uso pervasivo delle tecnologie, ma non posso non riconoscere che, nella contingenza, un loro uso mirato e alternato con l’attività in presenza può costituire il modo per non sacrificare la formazione dei giovani. Ma parlare di integrazione dell’istruzione in presenza/a distanza richiede una attenta riflessione da parte dei Collegi dei docenti e una formazione mirata che non può esaurirsi nell’informazione sull’utilizzo di un dispositivo o di una piattaforma. Lo vediamo molto bene nelle vicende legate alla pandemia in atto, nei dibattiti sui cambiamenti climatici, sul mondo dell’economia e della finanza, sulla crescente precarietà dei modelli di vita e di democrazia, sulla digitalizzazione del lavoro e di altri aspetti importanti dell’esistenza, come la scuola, appunto.

Il problema che si pone a chi deve decidere è trasversale a tutti gli ambiti: l’attenzione all’immediato, attraverso una gestione algoritmica dei dati riferiti agli eventi rilevati- da una parte- e l’attenzione al lungo termine dall’altra. Molte volte il secondo aspetto sfuma e si assiste a una sorta di ripiegamento sul presente. Probabilmente l’anticipazione– intesa come preoccupazione del futuro- spesso si confonde con la previsione e il futuro diventa nient’altro che la continuazione del modello del passato. 

La scuola, che esiste per educare, istruire, formare le giovani generazioni, si basa su due elementi: la conoscenza e l’apprendimento. Succede che a volte i due termini vengano utilizzati come sinonimi, ma si riferiscono a oggetti diversi: l’apprendimento è un fatto personale, riguarda ciascuno di noi, ed è influenzato dalle emozioni, dai pensieri, dalle credenze che ci appartengono; la conoscenza è un fatto pubblico e condiviso, riguarda la cultura di una certa società.  La conoscenza è in mano a pochi, l’istruzione è molto costosa, e quasi nessuno ormai punta sulla cultura. Se a questo aggiungiamo che scuola il mondo è come un mobile da farmacia, con un’etichetta diversa per ogni cassetto: matematica, fisica, storia, inglese…. Nel mondo fuori della scuola tutte queste conoscenze s’intrecciano e si combinano tra loro, eppure nei programmi scolastici queste correlazioni sono talora praticamente invisibili e la linea di separazione tra le materie ostacola il processo di scoperta e frena la curiosità. Capire i rapporti tra le cose e le possibilità di creare legami è fondamentale, nella prospettiva di un sapere articolato e complesso. Inoltre s’impara più facilmente e si ricorda di più se l’obiettivo dell’apprendimento è chiaro. Molti aspetti della geografia, della storia, della fisica, della biologia, dell’economia e della politica si comprendono al meglio attraverso i progetti. Prendiamo come esempio la questione del cambiamento climatico. In un progetto dedicato a questo argomento, l’insegnante di geografia potrebbe illustrare le condizioni meteorologiche insieme all’insegnante di fisica, e l’insegnante di storia potrebbe spiegare le guerre del clima nella regione del Darfur mentre la classe raccoglie e scambia idee sulle possibili soluzioni, e lo fa in inglese. Anche le regole del gioco del nostro sistema economico e giuridico, due campi purtroppo trascurati, si possono presentare e rappresentare attraverso dei progetti, che mettano in luce uno spirito di squadra.

La scuola del futuro rinuncerà alle classi divise per età che costringono tutti a imparare allo stesso ritmo: i bambini e gli adolescenti studiano con più entusiasmo quando sentono di appartenere a una comunità. Ma dopo i primi quattro o sei anni di scuola, non è detto che per ottenere questo risultato si debbano dividere gli alunni per anno di nascita. Più importanti dell’età sono gli interessi simili, che si possono organizzare in gruppi di studio, agevolati anche dall’uso delle nuove tecnologie: siamo nell’era del digitale, dobbiamo prenderne atto e anche la scuola deve andare al passo con i tempi. Per i bambini e i ragazzi di oggi è facile accedere ai sistemi tecnologici di informazione e comunicazione già prima dell’età scolastica e il loro modo di apprendere si è velocizzato.

Quali sono i vantaggi della tecnologia a scuola? Il primo vantaggio è sicuramente la possibilità che Internet offre agli alunni di integrare i libri di testo e di fare ricerche su molteplici fonti, utilizzando vari strumenti, come smartphonetabletlim... I ragazzi hanno accesso a una molteplicità di informazioni e possono condividerle in tempo reale. Un secondo vantaggio è la preparazione che la scuola offre in risposta alla domanda del mondo del lavoro, in cui le competenze digitali sono fondamentali. Inoltre, la possibilità di integrare lo studio con il linguaggio digitale, e cioè attraverso immagini, audio, video e mappe concettuali, consente di migliorare e velocizzare l’apprendimento di tutti gli studenti, presentandosi come una risorsa inclusiva anche per gli alunni con disturbi dell’apprendimento. La didattica si trasforma, passa da “frontale e nozionistica” a “interattiva, sociale e condivisa”.

E gli svantaggi? Lo svantaggio di una formazione veloce, pratica e dinamica può abituare i ragazzi alla superficialità e a una mancanza di approfondimento e di sviluppo del senso critico della ricerca. La ricerca diviene sempre più immediata e senza sforzo e questo incide sull’esercizio della memoria, le conoscenze acquisite non restano impresse ma rimangono nella mente solo il tempo necessario all’utile. Quindi, qual è il giusto intervento? La soluzione sta nell’abilità dei docenti di far utilizzare gli strumenti tecnologici nei modi e nei tempi giusti, divenendo una guida e ed un coordinatore delle attività di ricerca, aiutando i ragazzi a capire quali fonti siano attendibili o più opportune ed a e riflettere sull’utilità e affidabilità dei risultati ottenuti in maniera critica. L’uso dei dispositivi tecnologici deve essere stimolante e gli obiettivi da raggiungere devono essere ben prefissati dal docente ed opportunamente palesati.

Quindi “La scuola del futuro”, per l’analisi fin qui fatta, sarà esito della solidità dell’impostazione e della tradizione culturale che caratterizza l’istituzione italiana, rispondendo a quelle connessioni e necessità proprie della società digitale. “La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.”

*Prof.ssa IIS Cellini Fi – Utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana